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Dante - Divina Commedia - Canto V
L'episodio di Paolo e Francesca.


Dante Gabriel Rossetti, Paolo e Francesca
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(...)  Or incomincian le dolenti note
a farmisi sentire; or son venuto
là dove molto pianto mi percuote.

Ora incominciano le voci di dolore
a farsi sentire; ora sono giunto
là dove molto pianto mi colpisce l’udito.

Io venni in loco d'ogne luce muto,
che mugghia come fa mar per tempesta,
se da contrari venti è combattuto.

Io giunsi in un luogo privo completamente di luce, che muggisce come fa il mare a causa di una tempesta,
se è agitato da venti contrari.

La bufera infernal, che mai non resta,
mena li spirti con la sua rapina;
voltando e percotendo li molesta.

La bufera infernale che non ha mai tregua,
trascina gli spiriti con la sua forza travolgente; facendoli girare vorticosamente e percuotendoli li tormenta.

Quando giungon davanti a la ruina,
quivi le strida, il compianto, il lamento;
bestemmian quivi la virtù divina.

Quando giungono davanti alla frana,
qui gli spiriti aumentano le grida, i pianti, i lamenti;
qui bestemmiano la potenza di Dio.

Intesi ch'a così fatto tormento
enno dannati i peccator carnali,
che la ragion sommettono al talento.

Compresi che a tale pena
sono dannati i lussuriosi,
che sottomettono la ragione al desiderio.

E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali

E come le ali portano gli stornelli
in stormo largo e fitto nella stagione invernale,
così quel vento trascina gli spiriti malvagi

di qua, di là, di giù, di sù li mena;
nulla speranza li conforta mai,
non che di posa, ma di minor pena.

in ogni direzione, in alto e in basso;
nessuna speranza può mai confortarli,
né di una pausa, né di una pena minore.

E come i gru van cantando lor lai,
faccendo in aere di sé lunga riga,
così vid' io venir, traendo guai,

E come le gru vanno emettendo i loro lamenti, formando nell’aria una lunga fila,
così io vidi venire, emettendo lamenti,

ombre portate da la detta briga;
per ch'i' dissi: «Maestro, chi son quelle
genti che l'aura nera sì gastiga?».

ombre trasportate dalla suddetta bufera;
per cui io dissi:”Maestro, chi sono quelle
anime che l’aria nera punisce così?”.

«La prima di color di cui novelle
tu vuo' saper», mi disse quelli allotta,
«fu imperadrice di molte favelle.

” La prima di coloro di cui notizie tu vuoi sapere, Mi disse allora Virgilio
fu imperatrice di molti popoli

A vizio di lussuria fu sì rotta,
che libito fé licito in sua legge,
per tòrre il biasmo in che era condotta.

Fu così incline al vizio della lussuria,
che rese lecito per legge ciò che a ciascuno piaceva, per cancellare il biasimo in cui era caduta.

Ell' è Semiramìs, di cui si legge
che succedette a Nino e fu sua sposa:
tenne la terra che 'l Soldan corregge.

Ella è Semiramide, che, secondo le testimonianze storiche, succedette a Nino e fu sua sposa:
resse la terra su cui ora governa il Sultano.

L'altra è colei che s'ancise amorosa,
e ruppe fede al cener di Sicheo;
poi è Cleopatràs lussurïosa.

L’altra è colei che si uccise per amore, e non fu fedele alla memoria di Sicheo, suo primo marito; poi c’è Cleopatra, nota per la sua lussuria.

Elena vedi, per cui tanto reo
tempo si volse, e vedi 'l grande Achille,
che con amore al fine combatteo.

Vedi Elena, a causa della quale scoppiò la guerra di Troia, e vedi il grande Achille,
che alla fine dovette combattere per amore.

Vedi Parìs, Tristano»; e più di mille
ombre mostrommi e nominommi a dito,
ch'amor di nostra vita dipartille.

Vedi Paride, Tristano”; e Virgilio mi mostrò e mi nominò indicandomele con il dito una miriade di anime che amore separò dalla nostra vita.

Poscia ch'io ebbi 'l mio dottore udito
nomar le donne antiche e ' cavalieri,
pietà mi giunse, e fui quasi smarrito.

Dopo che ebbi udito il mio maestro nominare le antiche donne e i cavalieri, fui preso da un sentimento di pietà e fui sul punto di perdere i sensi.

I' cominciai: «Poeta, volontieri
parlerei a quei due che 'nsieme vanno,
e paion sì al vento esser leggieri».

Io comincia:” Poeta, volentieri
parlerei a quei due che vanno insieme
e che sembrano essere così leggeri nel vento”.

Ed elli a me: «Vedrai quando saranno
più presso a noi; e tu allor li priega
per quello amor che i mena, ed ei verranno».

Ed egli a me:”Ti sarà possibile quando saranno
più vicini a noi, e allora pregali
in nome dell’amore che li trascina , ed essi verranno”.

Sì tosto come il vento a noi li piega,
mossi la voce: «O anime affannate,
venite a noi parlar, s'altri nol niega!».

Non appena il vento li sospinge verso di noi, dissi:
”O anime tormentate
venite a parlare con noi se Dio non lo vieta”.

Quali colombe dal disio chiamate
con l'ali alzate e ferme al dolce nido
vegnon per l'aere, dal voler portate;

Come colombe spinte dall’impulso amoroso
volano con le ali spiegate e tese verso il dolce nido, portate dall’istinto;

cotali uscir de la schiera ov' è Dido,
a noi venendo per l'aere maligno,
sì forte fu l'affettüoso grido.

così uscirono dalla schiera dei morti per amore, ove si trova Didone, venendo verso di noi attraverso l’aria infernale, tanto forte era stato l’affettuoso richiamo.

«O animal grazïoso e benigno
che visitando vai per l'aere perso
noi che tignemmo il mondo di sanguigno,

” O creatura   cortese e benigna che, attraverso l’aria tenebrosa, vieni a far visita
a noi che tingemmo il mondo di sangue,

se fosse amico il re de l'universo,
noi pregheremmo lui de la tua pace,
poi c'hai pietà del nostro mal perverso.

se Dio ci fosse amico,
noi lo pregheremmo per la tua pace,
dal momento che provi pietà per la nostra terribile pena.

Di quel che udire e che parlar vi piace,
noi udiremo e parleremo a voi,
mentre che 'l vento, come fa, ci tace.

Di ciò che vi piace ascoltare e parlare,
noi ascolteremo da voi e parleremo con voi,
finchè il vento, come accade in questo luogo non soffia più.

Siede la terra dove nata fui
su la marina dove 'l Po discende
per aver pace co' seguaci sui.

 La città dove nacqui è situata
sul litorale dove il Po sfocia
per avere riposo con i suoi affluenti.


Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende,
prese costui de la bella persona
che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende.

 

Amore, che si attacca rapidamente al cuore nobile, fece innamorare costui del mio bel corpo
che mi fu tolto; e l’intensità del mio amore ancora mi vince.

Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.

Amore, che non permette a nessuno che sia amato
di non riamare, mi fece innamorare della bellezza di costui così intensamente, che, come vedi, ancor non mi abbandona.

Amor condusse noi ad una morte.
Caina attende chi a vita ci spense».
Queste parole da lor ci fuor porte.

Amore ci portò ad un’unica morte. Il luogo infernale di Caina attende colui che ci uccise”.
Queste furono le parole dette da loro.

Quand' io intesi quell' anime offense,
china' il viso, e tanto il tenni basso,
fin che 'l poeta mi disse: «Che pense?».

Quando io ebbi ascoltato  il racconto di quelle anime travagliate, abbassai il viso e lo tenni basso,
fino a quando il poeta mi disse:”A che cosa pensi?”

Quando rispuosi, cominciai: «Oh lasso,
quanti dolci pensier, quanto disio
menò costoro al doloroso passo!».

Quando risposi, comincia a dire:”ahimè, quanti dolci pensieri, quanto desiderio condusse costoro al peccato che causa dolore!”.



Alessandro Kokocinski, Paolo e Francesca, olio su tela, 1995, Pinacoteca Dantesca "F. Bellonzi", Castello di Torre de' Passeri
 

Alba Gonzales, Quel giorno più non vi leggemmo avante (Paolo e Francesca), bronzo, proprietà dell'artista

Poi mi rivolsi a loro e parla' io,
e cominciai: «Francesca, i tuoi martìri
a lagrimar mi fanno tristo e pio.


Poi mi rivolsi a loro e parlai io, e incomincia:
” Francesca, le tue sofferenze mi rendono addolorato
e pietoso fino al punto di farmi piangere.
 

Ma dimmi: al tempo d'i dolci sospiri,
a che e come concedette amore
che conosceste i dubbiosi disiri?».


Ma dimmi: al tempo dei dolci sospiri d’amore, per quali indizi e quali circostanze amore concesse
che conosceste i vostri desideri ancora inespressi e perciò poco chiari?”.
 

E quella a me: «Nessun maggior dolore
che ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.


E quella a me:” Nessun dolore è più grande che ricordarsi del tempo felice
nella miseria; lo sa bene il tuo maestro.
 

Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.

Ma se tu hai un così grande desiderio di conoscere l’origine prima del nostro amore, parlerò come colui che piange e racconta.


Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
 

Noi un giorno leggevamo per divertimento di come l’amore avvinse Lancillotto; eravamo soli e senza alcun presentimento di quello che sarebbe successo.


Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
 

Più volte quella lettura ci spinse a guardarci
negli occhi, e ci fece impallidire;
ma solo un passo fu quello che ci sopraffece.

Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,


Quando leggemmo che la bocca desiderata e sorridente veniva baciata da un siffatto amante, costui che non sarà mai diviso da me,
 

la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».


mi baciò la bocca tutto tremante.
Galeotto fu per noi il libro e il suo autore:
da quel giorno interrompemmo la lettura”.
 

Mentre che l'uno spirto questo disse,
l'altro piangëa; sì che di pietade
io venni men così com' io morisse.


Mentre uno dei due spiriti mi diceva ciò, l’altro piangeva; cosicché io per la pietà,
mi sentii mancare come se stessi per morire.
 

E caddi come corpo morto cade.

E caddi come cade un corpo morto

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