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F. Petrarca - Quanto più m'avicino al giorno estremo  
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Il rapido avanzare della vita verso il suo termine ultimo della morte causa una nuova percezione del tempo nel poeta. 
Esso sembra scorrere  rapido quasi impalpabile, non più circoscrivibile nelle  tradizionali scansioni ( passato presente e futuro) con l' ordinato alternarsi di memoria e speranza. Ora la consistenza di speranze, aspirazioni, ricordi, emozioni e sentimenti viene alterata dal ritmo accelerato delle ore, in una percezione di carattere intuitivo che le spoglia praticamente di estensione e di significato.
Ad un tempo della vita.che scorre con ritmo irregolare, riducendo gli spazi emozionali ( la speranza....'l riso, 'l pianto et la paura et l' ira ), corrisponde un tempo dell'eternità e della pace, che compete alla prospettiva religiosa ed ultraterrena dell'uomo ( onde noi pace avremo ) , ambita ma non facilmente conseguita.

Il corpo ( duro et greve terreno incarco ) - con il suo naturale deperimento - veicola una nuova condizione, caratterizzata dal progressivo inaridirsi delle ragioni del sentimento e dalla subentrata lucidità razionale, con cui si valuta più opportunamente la debolezza umana (  come sovente per le cose dubbiose altri s'avanza ).

Nonostante l'apparente chiara simmetria, con cui vengono definiti gli stadi dell'esistenza, la tonalità espressiva del sonetto è amara, in quanto rilegge dall'interno il dramma umano del relazionarsi al tempo che scorre inesorabile, senza una solida prospettiva religiosa ( presente invece in Dante ).

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