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La rappresentazione della folla in Ensor

● Le maschere, emblemi sociali

L'opera di James Ensor  si pone tra due linee di tendenza dell'arte del secondo Ottocento, segnata dal clima del post-impressionismo e dall'abbandono graduale delle figuratività denotativa: il simbolismo e l'espressionismo.
Le sue maschere infatti sono simboli, che, attraverso la tipizzazione, sono capaci di parlare di condizioni universali del vivere ( Le maschere e la morte, 1897 ) trasfigurando la sofferenza dell'uomo in emblemi grotteschi, assiepati come in un incubo doloroso attorno alla maschera più drammatica di tutte: la morte oggettivata nel teschio che la richiama paurosamente. I soggetti di Ensor sono spesso i vacanzieri di Ostenda, che lo riempiono di disgusto: ritraendo gli individui come clown o scheletri o sostituendo le loro facce con maschere carnevalesche ( Maschere, 1892 ), rappresentò l’umanità in quanto massa stupida, vana e ripugnante.

Il termine espressionismo indica, in senso molto generale, un’arte dove prevale la deformazione di alcuni aspetti della realtà, così da accentuare i valori emozionali ed espressivi in essa  impliciti. In tal senso, il termine assume una valenza molto ampia, quasi universale, fino a caratterizzare manifestazioni artistiche di tutti i tempi, che impiegano in varia misura questa comune strategia interpretativa e rappresentativa, che ha rapporti molto stretti con il comico, il grottesco e il carnevalesco. Spesso la deformazione nasconde una tensione , un giudizio critico nei confronti della società e dei suoi conformismi: la maschera caricaturale con l'accentuazione di alcuni tratti fisiognomici fa trapelare un discorso radicalmente contestativo nei confronti della borghesia cittadina denunciando un' esasperata, ossessiva oppressione del soggetto nel contesto urbano. Così era già stato in Daumier e in Munch, così in Ensor e poi nella pittura di Grosz.

"Le poetiche simboliste della fin-de-siècle vedono emergere  protagonisti dì grande rilièvo, in varie aree europee. In Belgio spicca la personalità di James Ensor che trova una via originalissima di partecipazione al clima simbolista, cui appartiene di pieno diritto, essendo nato a Ostenda nel 1860.
La decisione di fondo di
Ensor avviene quando, a metà degli anni Ottanta, egli immette il suo magma espressivo ( fatto di improvvise lacerazioni cromatiche - nell'alveo del tema delle maschere carnevalesche, o da commedia dell’ arte, che lo autorizzano ad accantonare i rispetti e le cautele tonali, per estrinsecare invece un cromatismo schietto, spudorato, senza tuttavia dar luogo a un furore, urlato e generico. Le maschere, infatti, amministrano la loro policromia con un rituale, come un codice sociale provvisto di regole, anche se  improntate alla liberazione carnevalesca. Le maschere sono tipi, o più precisamente simboli, chiamati a evocare valori di largo raggio. Solo che il tratto originale della soluzione ensoriana sta nel suggerire una trascendenza
verso il basso, piuttosto che verso gli alti cieli metafisici o metapsichici, come invece avviene per lo più negli altri Simbolisti.
Per il resto, anche questo simbolismo del basso ( gioioso, infantile e grottesco ) si sa valere di motivi curvilinei, e di un effetto esaltante di iterazione. Le maschere infatti sciamano e pullulano in grande quantità "..... fino a far intuire la loro pervasività simbolica a connotare tutta la realtà sociale."


( da R. Barilli, L'arte contemporanea. Da Cézanne alle ultime tendenze, Feltrinelli 1984 )

 


J. Ensor, Maschere, 1892

 



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J. Ensor Le maschere e la morte, 1897


J. Ensor, L'ironie, 1911


● La folla inconsapevole e strumentalizzata

J. Ensor,L'ingresso di Cristo a Bruxelles, 1888-1889

Il tema del quadro è di metafora religiosa e si riallaccia , parafrasandone il titolo all' "Entrata in Gerusalemme", quando, come narrano i Vangeli, Gesù, giunto in città sul dorso di un asino, venne accolto da una folla numerosissima e festante. Ensor però non fa opera di agiografia come vorrebbe la tradizione cristiana. Trasporta il fatto dall'antica città sacra in una moderna metropoli tumultuosa e vociante. Attualizza l'evento confermando la continuità e l'eternità della verità cristiana in chiave progressista.  La folla immensa che avanza a schiere parallele e che si perde sul fondo in una miriade di puntini, la folla che accompagna Cristo con la banda in uniforme come accogliendo un personaggio insigne di ritorno al paese natale non è composta da esseri pensanti autonomamente, da persone coscienti. Sul volto di ciascuno è una maschera grottesca, che esaspera i tratti di alcuni tipi. Questa folla chiassosa è una massa anonima di fantocci, privi di anima e di idee, pronti a osannare Gesù oggi e ad ucciderlo domani, come è avvenuto quasi duemila armi fa, strumentalizzati da poteri occulti con l'uso sfacciato della pubblicità ( ecco il senso degli slogan Vive la Sociale, Vive Jésus le Roi de Bruxelles ) con il fragore eccitante della banda militare, che ha sempre accompagnato i grandi eventi, contribuendo a creare i miti di un sovrano o di un dittatore.

 

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J. Ensor - L'entrée du Christ à Bruxelles - 1888
 

 

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