Indice Il Vercellese nel '900 Avanti Indietro

Le campagne negli anni Venti e Trenta.



Manifesto propagandistico del periodo fascista
che inneggia alla incentivata produttività agricola

 



Mussolini impegnato nella raccolta del grano


Liberalizzazione degli scambi ed aumento dei prezzi risicoli

Il 1921 segnò la fine di gran parte delle bardature che la guerra aveva messo in piedi per gli approvvigionamenti alimentari. Il settore risicolo vide i suoi prezzi usufruire di un periodo di ascesa, maggiore di quello del frumento. La liberalizzazione degli scambi internazionali svolse un ruolo positivo per l’aumento dei prezzi del riso.

Nel periodo compreso fra il 1921 e il 1926 il riso italiano si trovò a beneficiare di condizioni favorevoli che da un lato ne sostennero il prezzo e dall’altro provocarono un’espansione della superficie coltivata. Fu soprattutto l’esportazione a guidare il momento favorevole; si assistette al crearsi di due ambiti differenziati, riguardanti rispettivamente il commercio interno e il commercio estero, che segnavano una distinzione fra gli agricoltori e gli industriali trasformatori. I principali punti d’incontro dell’offerta e della domanda interna erano Vercelli, Novara e Pavia. L’ampliamento della superficie coltivata a riso era stato accompagnato dal dilatarsi degli impianti di lavorazione del riso.


Aratura meccanica dei campi

La battaglia della lira e del grano

Fra il 1926 e il 1927 il quadro mutò radicalmente. L’elemento scatenante pare essere stata la “battaglia” della lira, dichiarata da Mussolini, che rafforzò artificialmente il valore della nostra moneta, rivalutata a quota novanta nei confronti della sterlina ( in un contesto economico-finanziario tale da penalizzare le esportazioni ) ed anche da un’altra “battaglia”, quella del grano, tesa ad aumentare le rese della cerealicoltura nazionale. Mentre la produzione del riso era superiore alle necessità del consumo interno, il frumento raccolto in Italia non era infatti sufficiente a soddisfare la domanda interna.
Il risultato più evidente si riscontra nell’aumento del prezzo del riso italiano sui mercati internazionali. L’esportazione italiana privilegiava i risi lavorati.


Diploma d'onore assegnato dalla Commissione Provinciale Granaria
al conduttore agricolo Eusebio Comm. Saviolo di Sali Vercellese - 1929

In questi anni ci furono richieste di interventi governativi; esse si possono riassumere in due opposti fronti: da un lato stavano gli agricoltori, che chiedevano intervanti sul risone, che avrebbe dovuto essere libero di muoversi anche all’estero, dall’altro gli industriali che avrebbero voluto l’esclusiva della lavorazione del risone nazionale.
Si erano indicate le industrie naturali come le vere possibilità di guidare lo sviluppo industriale e già Cavour aveva cercato di intervenire sul riso, come possibile settore di impianto di strutture industriali. Gli agricoltori si trovavano in difficoltà di fronte elle variazioni stagionali del prezzo del riso che oscillava fortemente.

Nel 1927 ci fu la costituzione di un Consorzio nazionale fascista dei risicoltori, che avrebbe dovuto garantire comportamenti uniformi fra i vari suoi componenti, per evitare forti oscillazioni dei prezzi. La questione del riso fu affrontata dalla Confederazione nazionale fascista degli agricoltori. Una soluzione governativa venne con il Regio decreto legge 2 ottobre 1931, che stabiliva la costituzione dell’Ente Nazionale Risi, come organo distaccato della pubblica amministrazione.

Il ruolo dell'Ente Nazionale Risi

La nascita dell’Ente nazionale Risi segnò l’avvio di una fase totalmente nuova dell’agricoltura risicola; esso rappresentava uno strumento voluto e indirizzato dal potere pubblico a sostegno della risicoltura, ma senza poter disporre di mezzi finanziari pubblici. Si garantiva un sistema di protezioni con barriere doganali. Si trattava di una politica dei prezzi multipli , più elevati all'interno rispetto all'estero, che doveva progressivamente sottrarre il mercato risiero alla concorrenza ribassista di quello internazionale, grazie a cospicue sovvenzioni sul prodotto.

Le funzioni del nuovo ente erano dunque volte al sostegno, alla promozione ed allo sviluppo della produzione risicola mentre 
gli organi elettivi, che dovevano realizzare tale politica, indicano scelte di partecipazione prevalente per coloro che lavoravano e gestivano la terra, escludendo proprietari non conduttori.

Erano però in questa linea di politica economica insite le condizioni per il dilagare di un disagio diffuso che avrebbe trovato una voce contrastante nell’area risicola del Vercellese, che aveva una prevalenza quantitativa in tale settore. Le regole stabilite dall’Ente risi erano considerate negativamente dagli industriali trasformatori, che si trovavano a vedere annullata ogni loro possibilità di concordare liberamente i prezzi per l’acquisizione del risone; dovevano altresì tenere una contabilità precisa delle quantità lavorate, in entrata e in uscita. In tale settore pare che siano state effettuate le maggiori evasioni. In queste condizioni i problemi della risicoltura continuarono a peggiorare nella maggior parte dei casi, tanto che i risicoltori vercellesi, nell’agosto del 1933, giunsero a chiedere lo scioglimento dell’Ente risi e un risarcimento per i danni subiti.

I mercati internazionali

Negli anni Trenta il mondo della risicoltura italiana sembrò preso dal mito dell’esportazione. La nascita dell’Ente risi e il sistema delle quote di rimborso non avevano apportato i benefici sperati. Ne derivò una situazione nella quale si incominciò a chiedere con forza di abbandonare il sostegno in atto per l’esportazione. Le nuove indicazioni trovavano una loro più giustificata motivazione dall’evoluzione dei mercati internazionali. Si era nel pieno della crisi economica del 1929. Una sovrapproduzione diffusa aveva comportato conseguenze negative sull’intero sistema della domanda effettiva. La concentrazione della produzione italiana del riso, soprattutto nel Vercellese, lasciava poco spazio  per trasformazioni radicali.
Il governo cercò di conservare il sistema monetario italiano all’interno di quello che fu chiamato il blocco dell’oro. L’Ente risi controllava le esportazioni, stabilendo che il loro volume fosse correlato alle risorse finanziarie disponibili per i rimborsi, in modo tale che questi ultimi fossero significativi. Si stabilì un sistema di rimborsi differenziati, tenendo conto delle destinazioni e dei relativi costi di trasporto. Si assistette ad un'ulteriore modificazione delle correnti di traffico, che trovarono nella Germania il Paese verso il quale andarono le maggiori quantità di riso esportato, seguito dall’Austria e dall’Ungheria.

L’economia corporativa e la riforma dell’ENTE RISI

La costituzione dell’Ente Risi aveva rappresentato un  modello particolare di intervento, che ora rappresentava molte anomalie. Si discuteva infatti delle modalità con cui dovevano essere organizzate le rappresentanze delle corporazioni. Ancora si confrontavano i desideri di rappresentanze orientate a garantire istanze sindacali con quelli che consideravano soprattutto gli aspetti economici, con il loro contorno di enti e consorzi di varia natura. Nel contesto l’Ente Risi si ritrovò a mettere in discussione la sua stessa esistenza, la sua funzione e anche la sua organizzazione strutturale. L’Ente risi si mosse tuttavia in questa fase con una sua politica particolare  sfuggita ai vincoli delle corporazioni, riuscendo ad ottenere risultati positivi (riforma del 28 dicembre 1933). Con un provvedimento legislativo, si accedeva al sostegno finanziario pubblico, con lo stanziamento di eventuali contributi in caso di sbilanci nella gestione dell'Ente.
  Con modalità più attente
si regolava la verifica delle superfici coltivate e il complesso movimento degli atti di compravendita. Sarebbero state più difficili le evasioni, attuate precedentemente con le dichiarazioni contrattuali per quantità minori di quelle effettive. Si concordava il controllo di finanza nei diversi passaggi e nella fase della trasformazione, stabilendo, finalmente, pene e contravvenzioni per i comportamenti scorretti. La riforma del consiglio di amministrazione dell’Ente risi  coinvolse nuove rappresentanze,
con la diminuzione della presenza degli agricoltori e degli industriali e la crescita del sindacato nazionale dei tecnici agricoli, della confederazione dei sindacati dell’industria e del commercio.
 


La vita di lavoro di una cascina nel Vercellese



Mietitrice di grano
 

L’autarchia

Sin dal 1925, con l’avvio della battaglia del grano, l’agricoltura italiana aveva usufruito dell’attenzione governativa che si poneva come obiettivo l’autosufficienza nella produzione. Verso la fine del 1935 la battaglia del grano si ritrovò ad essere un obbligo più che una scelta di politica per le vicende internazionali.

Il 3 ottobre 1935 Mussolini diede inizio all’invasione dell’Etiopia e la Società delle Nazioni decretò il 18 novembre le sanzioni contro l’Italia, stabilendo limitazioni per i rapporti commerciali con l’Italia degli Stati aderenti alla Società. Non tutti i paesi vi aderirono e non tutti applicarono le sanzioni, ma la decisione ebbe effetti pesanti sul commercio italiano da e verso l’estero, soprattutto essendo state abolite le sanzioni il 4 luglio 1936.

Le sanzioni vennero a consolidare le tendenze autarchiche della politica economica italiana, anzi l’autarchia fu occasione per una risposta orgogliosa verso coloro che volevano punire Italia per l’avventura etiopica, quasi che le sanzioni potessero essere ininfluenti verso chi si stava organizzando per l’autosufficienza e per costruire un quadro di rapporti internazionali di tipo diverso e non oppressivo. Infatti una definizione di autarchia fa riferimento alla realizzazione dell’indipendenza di una nazione. Le politiche autarchiche sono comunque espressione di due elementi fondamentali, l’isolazionismo e il nazionalismo. Il riso visse un momento felice durante l’autarchia, se non altro a livello di immagine.
 


Fonti bibliografiche:
-  Giuseppe Bracco, Uomini, campi e risaie nell'agricoltura del Vercellese fra età moderna e contemporanea, Un. agricoltori di Vercelli e
   di Biella 2002
, pp. 121 sgg. 
 

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