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La fase di lotte operaie nel primo dopoguerra:
la conquista dell'imponibile di manodopera nel 1920
 

La conquista delle otto ore ( 1906 ) - Le lotte contadine negli anni del fascismo - Le rivendicazioni del dopoguerra

La seconda lotta storica delle mondine e dei braccianti vercellesi culminò nella primavera del 1920 con lo sciopero più lungo della storia del proletariato vercellese, durato cinquantaquattro giorni consecutivi e conclusosi con la conquista dell'imponibile di manodopera: otto lavoratori occupati ogni cento giornate di terra.
All'inizio del secolo, degli scioperi in agricoltura si occupò anche il Parlamento. L'on. Giolitti, Ministro dell'Interno, il 21 giugno 1901 dichiarava in un dibattito parlamentare che "sarebbe cecità, sarebbe mancanza ai doveri che abbiamo verso le nostre istituzioni, il tentare di sbarrare la via ad un movimento che nessuna forza riuscirà ad arrestare".  

Nella seduta del 23 maggio 1907, a conclusione della discussione sul disegno di legge "Sulla risicoltura" (legge 16 giugno 1907, n. 337) l'on. Giolitti, Presidente del Consiglio e Ministro dell'Interno, rispose ai deputati socialisti Montermini e Turati, i cui discorsi di opposizione si possono dire riassunti dalle ultime parole della relazione dell'on. Turati stampata per conto della minoranza:
"Il presente disegno di legge - se non dà le otto ore - nulla dà e nulla può pretendere dai lavoratori. Appena possono salvarsene i precetti più ovvi di igiene e il rimedio a taluni abusi più stridenti,
quale lo sfruttamento operato dagli intermediari, in danno di tutte le classi; sono questi i doveri più elementari dello Stato. Tutto il resto è innocua utopia".

 Dopo aver rilevato che nessuno degli oratori aveva contestato l'importanza della risicoltura, l'on. Giolitti affermò: "ora credo che tra le regole principali dell'igiene vi sia questa: di sopprimere più che si può la miseria che forse è la malattia più grave dei mali. Credo che non possiamo sacrificare all'igiene la vita umana. E vengo alla seconda parte, al contratto di lavoro. Qui l'on. Turati l'ha riconosciuto, è la prima volta che nella legislazione si accetta il principio del contratto collettivo di lavoro; e non ho bisogno di dimostrare quanto possa giovare alle classi agricole ed all'organizzazione operaia. Ora trovo strano che l'on. Turati, il quale ha dimostrato non solo oggi, ma in tutta la sua precedente propaganda, di riconoscere l'importanza di questo principio del contratto collettivo non l'accetti ora che verrebbe accolto, per la prima volta, nella nostra legislazione".

Giolitti , non riconoscendo ragioni specifiche per l'abbassamento dell'orario di lavoro delle mondine, così si espresse:
 "vi sono, e nessuno di noi lo può ignorare, molte industrie senza confronto più pericolose e dannose per la salute di quel che non sia la mondatura del riso. Basti ricordare il lavoro delle miniere [...] Dunque noi non prescriviamo che un massimo, lasciando alla libera contrattazione la riduzione delle ore. Nessuna ragione, quindi, vi sarebbe per imporre qui, il limite delle otto ore, di cui parlò l'on. Turati, e che è un desiderio delle classi lavoratrici, ma per i lavori di tutto l'anno e per i lavori più pericolosi, ciò che, in questo caso non si verifica".

La vittoria socialista nel 1913 . Cugnolio, Maffi e Savio eletti deputati

Il primo numero del giornale "La Risaia"
del 1910, sotto il titolo "Per le otto ore", annuncia che è previsto per il giorno 11 gennaio, in Sottoprefettura, un incontro dei rappresentanti della Confederazione contadini con quelli dell'Associazione agricoltori per definire la questione dell'adozione delle otto ore di monda. "La Risaia" del 4 giugno, annuncia che per la monda del riso a Vercelli sono fissate otto ore al giorno, entrando in risaia alle 6 del mattino; trentasei giorni di lavoro garantiti per L. 93,60, cioè L. 2,60 in media al giorno.

 La vittoria socialista nelle elezioni a suffragio universale ( maschile ) nel 1913 venne non solo preceduta dalle intense lotte sindacali del decennio precedente, ma anche da costanti iniziative di carattere politico e sociale. Ad esempio, "La Risaia" n. 3 del 22 gennaio 1910 annuncia una conferenza pubblica a Buronzo, a pagamento, tenuta da Pietro Sartoris nei locali della Lega, sul tema "Coscienza e forza di popolo".  Sempre "La Risaia" del maggio 1910 annuncia la Conferenza dell'avvocato Modesto Cugnolio sul tema "Suffragio universale" e una pagina, titolata "Diamo il voto agli analfabeti", riporta un lungo appello del Comitato pro suffragio universale.  Nelle elezioni politiche del 1913, nei tre collegi uninominali della zona della risaia venivano eletti deputati i tre candidati socialisti: l'avvocato Modesto Cugnolio a Vercelli, il dottor Fabrizio Maffi a Crescentino e l'avvocato Umberto Savio a Santhià.  Rispetto alla media nazionale, che fu del 17,7 per cento, il Partito socialista italiano a Vercelli raccolse una tra le più alte adesioni, e portò alla Camera tre deputati su ottantuno in tutta Italia.

I socialisti vercellesi si esprimono contro il primo conflitto mondiale

Negli anni che precedettero la prima guerra mondiale, si svolsero diverse iniziative contro le guerre. "La Risaia" n. 40 del 30 settembre 1911, annuncia un comizio contro l'occupazione di Tripoli, indetto dall'esecutivo della Camera del Lavoro, dopo aver ritenuto che "allo sciopero generale proclamato dalla Confederazione generale del lavoro, non sarebbe stata consenziente la totalità del proletariato vercellese, insufficientemente edotto dei mali che lo minacciava.  Il sottoprefetto proibì poi il comizio che si doveva tenere in piazza Cavour e si parlò alla "Casa del Popolo".  Su "La Risaia" del 1 maggio 1913, un articolo di Maffi conclude con la classica parola d'ordine: "Guerra al regno della guerra". Sul numero 3 del 1915, "La Risaia" dedica il fondo "Sulla guerra", concludendo:
"I contadini non hanno utile economico a stare sotto le armi, con quale entusiasmo espongono la vita?
Date la terra ai contadini ha ripetuto Cugnolio nei discorsi alla Camera".

L'atteggiamento tenuto dai lavoratori vercellesi contro la guerra è poi manifestato in un ordine del giorno votato nella riunione del 18 maggio 1915 a Vercelli dai rappresentanti dei lavoratori di 33 località, col quale si protestava "contro il nuovo spargimento di sangue proletario" e si esternava "l'avversione del proletariato vercellese alla guerra".  

Il 18 marzo 1917, morì a Roma l'avvocato Modesto Cugnolio, e "La Risaia" del 27 marzo annuncia la sua morte con la prima pagina inquadrata a lutto. Significative le parole di cordoglio espresse alla Camera dai deputati Maffi e Savio, che tratteggiarono la sua personalità e l'importanza della sua opera nell'ambito del socialismo vercellese.

Nel 1919 sono conquistate le otto ore per tutti i lavori agricoli

Finita la guerra il 4 novembre 1918 e rientrati a casa gli ex combattenti, si giunse all'accordo per le 8 ore di lavoro per tutti i lavori.
Il primo numero del giornale "La Risaia"
del 1919 si apre con l'annuncio della riunione del Consiglio Federale per domenica 5 gennaio, per "discutere sulle tariffe pei lavori agricoli dell'anno 1919". Fu nominata una Commissione di otto lavoratori, presieduta dal segretario federale Angelo Fietti, e composta anche da Francesco Costa, Eusebio Ferraris e Carlo Rossetti per la Federazione regionale agricola piemontese. Presidente delle trattative fu il  dott. Novello Novelli, direttore della Stazione sperimentale della risicoltura di Vercelli.

Nel marzo dello stesso anno si giunse ad un accordo che aveva "valore per il Circondario di Vercelli e per quelli di Biella e Casale, limitatamente ai comuni o frazioni dove si coltiva la risaia" e in cui si conveniva "il seguente orario di lavoro effettivo:
- nei mesi di dicembre e gennaio 7 ore, negli altri mesi dell'anno 8 ore, però, riconosciuta l'insufficienza di tali orari pei lavori agricoli di maggior importanza, a richiesta del conduttore di fondi, i lavoratori sono tenuti a prestare un'ora di lavoro straordinario nel mese di aprile e fino a semina ultimata; due ore di lavoro straordinario nella fienagione, nella mietitura e trebbiatura dei cereali estivi e nella trebbiatura ed essicazione dei cereali autunnali. Le ore di lavoro straordinario saranno pagate con l'aumento del 30 per cento della mercede oraria".

La tabella dei salari prevedeva un minimo di 6 lire al giorno nei lavori primaverili, fino ad un massimo di 14 lire al giorno nei periodi della mietitura. Per le donne i salari prevedevano lire 2,60 al giorno nei lavori di prima zappinatura, poco più di 3 lire al giorno per la zappinatura del riso, per la monda 7,10 lire al giorno, e per i lavori di taglio e trebbiatura del riso 12 lire al giorno.  Come si vede la disparità salariale era imperante.

Il 16 novembre 1919, nelle elezioni politiche col sistema proporzionale,  il Partito socialista italiano totalizzò circa centomila voti nella Provincia di Novara, alla quale apparteneva anche il circondario di Vercelli, mentre venticinquemila voti ottennero i liberali riformatori, quasi diciottomila il Partito popolare e poco meno di quindicimila i giolittiani.  Risultarono così eletti otto deputati socialisti, tra i quali i vercellesi dott. Fabrizio Maffi, rieletto, e il bracciante Eusebio Ferraris di Pezzana, dirigente sindacale e socialista della bassa vercellese. Gli altri sei eletti furono: Secondo Ramella, l'avv. Francesco Beltrami, il dott. Dino Rondani, Felice Quaglino, Alberto Malatesta e il dott. Giuseppe Bianchi.  Per i liberali riformatori risultarono eletti Giovanni Alice ed Aldo Rossini; per il Partito popolare italiano l'ing. Antonio Pestalozza e per i giolittiani Alfredo Falcioni.

La nascita del Partito popolare italiano

Alle elezioni del novembre 1919 partecipò per la prima volta il Partito popolare italiano, che si era costituito all'inizio dell'anno, il 18 gennaio,  organizzando i cattolici subito dopo la prima guerra mondiale. Fondato da don Luigi Sturzo, una volta superato il non expedit, che impediva ai cattolici la partecipazione attiva alla vita politica dello stato, nacque aconfessionale, con un programma di politica interna favorevole all'introduzione della legislazione sociale, alla riforma tributaria e a quella agraria (incremento della piccola proprietà contadina), al decentramento amministrativo e alla difesa dell'insegnamento privato. Circa un anno dopo, il 6 gennaio 1920, uscì il giornale del Partito popolare italiano: "Il Vercellese".  
Sempre nel 1919 il numero 12 del giornale "La Risaia"
riporta un articolo intitolato "La Terra e il salario", nel quale si cita l'esempio di un'azienda agricola di cinquanta giornate piemontesi di terra ( 3.810 metri quadrati per giornata pari a 2,62 giornate per ettaro ) che frutta 240.000 lire, così ripartite: 60.000 lire per l'affitto alla proprietà; 60.000 all'affittuario; 60.000 lire per concimi e attrezzi, e 60.000 lire a sessanta contadini che coltivano il fondo.  L'articolo conclude che dovrà scomparire il proprietario improduttivo e sfruttatore.  

La lunga fase di scioperi del 1920

In successivi articoli "La Risaia" nel corso del 1919 affronta la questione della socializzazione della terra sulla base dei modelli socio-economici e politici di ispirazione sovietica, nati dalla rivoluzione dell' ottobre 1914 in Russia. Sul n. 14, sotto il titolo "Il problema della terra", si afferma che
"la riforma agraria è il problema assillante del giorno. Alcuni pensano però che la proprietà terriera privata venga spezzettata in piccole porzioni e così concessa ai contadini, i quali verrebbero trasferiti in piccoli proprietari. Questo è un errore. Il socialismo tende alla socializzazione delle terre, le quali saranno concesse non a individui, ma a Leghe di lavoratori, a cooperative agricole, alla collettività dei contadini. I terreni compresi in ogni circoscrizione amministrativa potranno essere assegnati ai lavoratori di quel determinato comune".  

Su "La Risaia", negli ultimi numeri dell'anno, il problema agrario, in rapporto all'incertezza del contadino, viene affrontato in due articoli firmati da La Lega contadini di Olcenengo. Nel primo si affronta il perfezionamento dei contratti e l'esigenza di patrocinare lo sviluppo di associazioni, per la diretta conduzione dell'agricoltura stessa.
Nel secondo articolo si affronta il problema della terra, ma si polemizza contro la formazione della piccola azienda contadina.  In altri articoli si scrive contro la disoccupazione in agricoltura, e si prospetta che sette-otto persone si potrebbero occupare ogni cento giornate di terreno. Un articolo firmato da Eusebio Ferraris è intitolato "Le terribili condizioni dei contadini vercellesi a causa della disoccupazione".
Su l'ultimo numero de "La Risaia"
del 1919  Francesco Costa, un bracciante di Olcenengo, in un articolo intitolato "Un avviamento alla socializzazione?", commenta un emendamento presentato alla Camera che chiedeva "le terre non coltivate o male coltivate siano date alle Cooperative di lavoratori", e insiste sulla creazione di istituti proletari che si prefiggano il compito della conduzione diretta della terra.

In questo clima si realizzò nel 1920 il più lungo sciopero avvenuto nelle campagne del Vercellese, impostato per avere il lavoro, una garanzia di occupazione per i braccianti.  La proclamazione dello sciopero fu preceduta da un accordo firmato il 1 febbraio 1920 tra la Federazione regionale agricola piemontese e l'Associazione agricola del Vercellese, assistite dal direttore dell'Ufficio misto di collocamento, che prevedeva l'impegno per l'Associazione degli agricoltori del Vercellese "di collocare tutta la mano d'opera disponibile [...] tenendo conto delle condizioni delle aziende", accordo che fu contestato da gruppi di agricoltori durante una loro assemblea convocata per altre ragioni. Si giunse il 9 febbraio ad altre trattative tra le parti, le quali non portarono ad un accordo, e lo sciopero del 3 marzo fu generale in tutta la risaia, con la continuazione dell'assistenza al bestiame, in un primo tempo.  Una nuova caratteristica dell'agitazione era rappresentata dall'intervento dei "popolari" organizzati nella Confederazione italiana dei lavoratori, non accettata dai rappresentanti delle Leghe, e pare anche da parte padronale, che contestava alla nuova organizzazione la rappresentanza dei piccoli proprietari. La lunga durata dello sciopero si fece sentire riducendo al terzo del normale la produzione di latte, ostacolata dalla mancata falciatura dell'erba in diverse località, con la conseguente riduzione del burro per l'alimentazione e l'aumento dei prezzi e del costo della vita.  Si temevano altre agitazioni per la monda e la raccolta dei prodotti, e da parte degli agricoltori si parlava di abbandonare in parte la coltura del riso.
Il riso del dopoguerra era trattenuto in Italia come sussidiario alla deficienza del grano, e veniva usato nella confezione del pane e nelle paste alimentari, ed il Governo dovette intervenire per tentare la composizione dello sciopero.  Un primo incontro delle parti ebbe luogo a Roma, il 19 marzo, presso il ministero dell'Agricoltura, ma non ebbe esito positivo, mentre si parlava di invasione delle terre, incominciando dalle grandi aziende. Il prefetto di Novara fece un tentativo di mediazione il 1 aprile, per poter dare inizio alle semine del riso, ma senza giungere a conclusioni.  Lo sciopero si concluse con un accordo, dopo cinquantaquattro giorni di lotta, durante i quali gli agricoltori lavorarono con le loro famiglie nelle aziende agrarie per governare il bestiame.


L'accordo fu firmato il 19 aprile 1920, nella sottoprefettura di Vercelli tra i rappresentanti della Associazione agricoltori di Vercelli on. Giovanni Alice, geom. Ettore Negri, avv. Roberto Olmo, cav. Annibale Pozzi e cav. Eusebio Saviolo; e i rappresentanti della Federazione agricola piemontese on. Giuseppe Bianchi, Francesco Costa, on. Francesco Ferraris, Angelo Fietti; coll'assistenza del comm. prof. Novelli, Presidente dell'Ufficio misto di collocamento dei contadini di Vercelli, e sotto la presidenza del sottoprefetto di Vercelli dott. Umberto Negri.
La durata dell'accordo era stabilita fino al 30 aprile 1921 e prevedeva al punto 3 "Occupazione della mano d'opera disponibile. Allo scopo di provvedere alla occupazione della manodopera disponibile, i conduttori di fondi si impegnano di assumere, salvo nei periodi di sosta stagionale, numero otto uomini per ogni cento giornate di terreno coltivo, ivi compresi i salariati ed i membri della famiglia del conduttore, i quali lavorino precipuamente e manualmente sul fondo".  

La costituzione degli Uffici di collocamento

Alcuni giorni prima, il 16 aprile 1920, erano stati concordati alcuni articoli riguardanti gli Uffici di collocamento: "In ogni comune o frazione importante [...] viene costituito un Ufficio di collocamento di classe, e diretto da un Comitato di cinque membri nominati da tutti indistintamente i contadini autentici del Comune o della Frazione, con rappresentanza della minoranza", votando per quattro nomi "...

Gli Uffici di collocamento locali procederanno alla formazione degli elenchi di tutti i lavoratori della rispettiva circoscrizione".
L'art. 5 stabiliva: "La mano d'opera locale avrà assoluta prevalenza su quella forestiera; occupata la mano d'opera locale, si dovrà assumere prima di ogni altra quella dei Comuni più vicini, poi quella del Circondario, indi quella della Provincia e per ultima quella fuori provincia, ferme restando in questi ultimi casi le correnti migratorie secondo le consuetudini".

L'on Filippo Turati, nella relazione al disegno di legge approvato dal Consiglio superiore del lavoro nel luglio 1919 sull'orario di lavoro delle 8 ore, inizia il capitolo dedicato all'agricoltura parlando delle conquiste ottenute nel Vercellese, con queste affermazioni:
"Persino nell'agricoltura il principio si fa strada sempre più largamente. Nel Vercellese, per iniziativa di quella Associazione operaia e della Federazione regionale agricola piemontese dei contadini, una Commissione mista appianò i contrasti, conciliando l'introduzione delle otto ore con le riconosciute particolari necessità della produzione agraria, mediante la facoltà di richiedere fino a due ore di lavoro giornaliero in più durante i lavori agricoli più importanti ed urgenti.  Nelle regioni di risaia, dove i lavoratori locali, superando il precetto della legge del 1907 che garantisce loro le nove ore, hanno ormai dappertutto conquistato le otto ore come massimo, una energica azione venne condotta, sotto gli auspici della ' Federazione nazionale dei lavoratori della terra ', per conquistare il medesimo orario alle mondine immigrate per le quali, come è noto, la legge, per ragioni tecniche molto discutibili, autorizzava un orario di ore 10.."

Uno schema di progetto di legge per la socializzazione della terra

Nell'agosto del 1920, sul n. 34, "La Risaia" riporta una lettera dell'on. Eusebio Ferraris, dal titolo "Per l'avviamento alla socializzazione della terra", nella quale si diceva tra l'altro che l'on. Piemonte "ha presentato al Gruppo parlamentare socialista uno schema di progetto per la socializzazione della terra che fu oggetto di lunghissime discussioni da parte della Sezione agricola del gruppo stesso. Il progetto incontrò oppositori e contradditori: chi lo ha considerato utopistico, chi non rispondente alle direttive del partito e alle necessità dell'ora presente [...] su proposta del compagno Gennari, segretario del Partito, si deliberò di portare il dibattito sulle colonne dei nostri giornali, dove tutti potranno portare il loro contributo - tecnico e pratico - preparando così delle direttive sicure da seguirsi al prossimo Congresso dei lavoratori della terra, nel quale non solo si dovrà - secondo il mio modesto avviso - deliberare in merito al progetto in questione, ma si dovrà preparare le basi di un vero programma agrario da sottoporre allo studio della Direzione del Partito".

Gramsci a Vercelli. La nascita del Pci

Il primo Congresso socialista vercellese si tenne l'8 dicembre 1918, con la presenza dei rappresentanti le sezioni socialiste di diciotto comuni; parteciparono i deputati Maffi e Savio; segretario della federazione socialista intercollegiale del Circondario di Vercelli venne eletto Adolfo Rosso, che morì dopo le elezioni, a seguito di una coltellata per opera di un ardito.  Nell'agosto 1919 nel secondo Congresso intercollegiale socialista "emersero due tesi: i seguaci dei metodi antichi: gli elezionisti, e dall'altra parte i comunisti, che portarono a battesimo la nuova frazione colla proposta dell'astensionismo elettorale".  All'inizio del 1920 su "La Risaia" si trovano gli echi dell'attività del Gruppo dell'Ordine Nuovo di Torino. Durante il Congresso provinciale giovanile parlarono tra gli altri, l'avv. Pedrotti, Robotti e Leone. Nel pomeriggio - riporta la cronaca - "sul comma 'i Consigli di fabbrica', è affidata la relazione al prof. Gramsci, direttore dell' 'Ordine Nuovo'
. Basta ricordare questo nome per intuire tutta l'importanza ed interesse che ha avuto la trattazione del problema dei Consigli di fabbrica".
"La Risaia" del 1 maggio 1920 titola in rosso "Sulla soglia del socialismo" e nel numero successivo scrive che i partecipanti al corteo del 1 maggio a Vercelli erano ventimila. L'articolo di fondo del numero 31 è titolato "Viva la Russia!".  "La Risaia" del 30 ottobre riporta la notizia della conquista del Comune di Vercelli da parte dei socialisti; verrà poi eletto sindaco Lorenzo Somaglino; e il numero 46 del 13 novembre annuncia la conquista della Provincia, con cinquanta socialisti nel Consiglio provinciale e dieci costituzionalisti.  

Sul numero 51 del 18 dicembre 1920, "La Risaia" riporta la cronaca di due assemblee in preparazione del Congresso nazionale socialista. Sia pure tra posizioni non ancora ben precisate, si sono  già gettate le basi per la creazione del Partito comunista a Vercelli.  In conclusione, si può rilevare che nel Vercellese, come nelle zone agricole bracciantili della valle Padana, nel secondo decennio del secolo si ottennero gli Uffici di collocamento controllati dalla Lega sindacale, sotto la direzione dei pionieri del socialismo formatisi nelle lotte e nell'attività organizzativa e di propaganda e, dopo le 8 ore, si ottenne l'imponibile di mano d'opera.
 


Fonti bibliografiche:
Irmo Sassone, La conquista dell'imponibile di manodopera nel 1920 
"L'impegno", a.
. II, n. 2, giugno 1982  -  Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli - Articolo presente sul web alla pagina http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/sassone182.html
• Irmo Sassone, La conquista delle 8 ore - Contributo ipermediale in CD rom.
 

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