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Dall'elemento magico- fantastico all'incantesimo,
 come prodigio demoniaco


Il palazzo del mago Atlante


Prigionia e libertà offerta dal mago Atlante - La maga Melissa dà poi all'eroina Bradanante le istruzioni per sconfiggere il mago Atlante, che teneva prigioniero Ruggero in un castello incantato. Il paternalismo protettivo di Atlante ha edificato questo luogo di delizie per custodirvi Ruggero, da lui allevato, e così preservarlo da un destino glorioso ma tragico; nel castello egli ha accumulato tutti i piaceri del mondo: «suoni, canti, vestir, giuochi, vivande, / quanto può cor pensar, può chieder bocca». Ma si tratta di una «quantità» di beni senza la «qualità» del supremo bene umano: la libertà. A ben vedere, tutta qui sta la differenza tra il sogno (proiezione della mia misura naturale) e l'ideale (dono portato da altro da sé, che rende presente una misura più grande).
Ad Atlante che è pronto a concedere tutto ma non Ruggero, replica perentoria Bradamante: «Lui vo' porre / in libertà». Il mago è vinto e incatenato, l'effimero castello svanisce, tutti gli ospiti si ritrovano liberi, ma non tutti ne sono contenti: «Le donne e i cavalier si trovár fuora / de le superbe stanze alla campagna: / e furon di lor molte a chi ne dolse; / che tal franchezza un gran piacer lor tolse».

C'è sempre chi preferisce alla libertà («franchezza») la prigione dorata: lucido controcanto realistico ariostesco, in una pagina piena di incantesimi e magie! Ruggero, appena restituito a Bradamante, subito le è tolto: salito incautamente sull'ippogrifo, è dallo «strano augello» condotto nella remota isola di Alcina. Novella Circe, questa maga, che nella palese allegoria rappresenta la lussuria, letteralmente «ad-esca» le sue vittime e senza rete e senza amo traea / tutti li pesci al lito, che volea»).
Fra loro vi è anche Astolfo che, ora trasformato in mirto, mette in guardia Ruggero raccontandogli la propria vicenda: Alcina lo ha sedotto, tanto da fargli dimenticare tutto ed apparirgli come pieno appagamento del desiderio. «Né di Francia né d'altro mi rimembra, / stavomi sempre a contemplar quel volto, / ogni pensiero, ogni mio bel disegno / in lei finia, né passava oltre il segno»: mentre Beatrice è per Dante «segno» che rimanda al Significato ultimo e lo rende presente, Alcina è sembrata essere Fine ultimo, «segno» in sé concluso, deificazione dell'impulso naturale; ma poi ha abbandonato il paladino (e l'ha mutato in una pianta) per passare ad altro amore. La lussuria, come ogni idolo, degrada il suo adoratore al livello bestiale, vegetale o minerale: «o in fiera o in fonte o in legno o in sasso» (anche l'Orlando di Boiardo aveva detto che chi non pensa a Dio «è simile a un bove, a un sasso, a un legno»).

Alcina e Morgana,
perfide e viziose, hanno ormai usurpato quasi tutto il regno che apparterrebbe a Logistilla, la ragione che indica la strada della virtù. Nonostante l'ammonimento di Astolfo, anche Ruggero si lascia ammaliare dalla maga: giovane focoso e irresoluto, di fronte al bivio tra vizio e virtù egli sceglie la via più facile e piacevole.

Peraltro, lungo i canti VI-VII, Ariosto indugia nella descrizione della bellezza seducente ed irresistibile di Alcina (solo più avanti si scoprirà che essa è in realtà una vecchia e laida meretrice), del suo palazzo abitato da ospiti eccellenti, del suo giardino di delizie: è il sogno idillico - caro al nostro Rinascimento - di un'esistenza sempre baciata dal piacere. D'altra parte, se la Natura - panteisticamente intesa - è l'orizzonte ultimo dell'uomo, perché frenare l'istinto naturale?
Ariosto stesso è in bilico tra edonismo e moralismo, e il suo Ruggero, che all'inizio del canto VIII s'incammina verso Logistilla (la quale infine gli insegnerà ad imbrigliare l'ippogrifo, figura della fantasiosa inclinazione umana alla voluttà), «tra duri sassi e folte spine gìa /... / di balzo in balzo, e d'una in altra via / aspra, solinga, insopita e selvaggia»: davvero poco affascinante è la via del dovere, quando questo è ridotto a sforzo moralistico! Ma l'autore, dio del poema, deve farla percorrere a questo personaggio in formazione che, al culmine del processo di maturazione, si convertirà al cristianesimo, difenderà la fede nel conclusivo duello con Rodomonte e sposerà Bradamante.

da
http://www.culturacattolica.it/frontend/exec.php?id_content_element=1521



G.Dorè, Ruggiero e l'ippogrifo





Jean Auguste Dominique Ingres,
Ruggiero sull'ippogrifo libera Angelica, 1819

 

Atlante, Alcina, Melissa ed le false verità dell'illusione

Circe è la maga che gioca con le apparenze, muta i sembianti con la leggerezza e la semplicità di una  favola ariostesca. A Ferrara si prepara il gusto per gli straordinari prodigi del mago Atlante, di Melissa e di Alcina
 



Dosso Dossi, Circe o Melissa, 1515 - 1516
( immagini tratte da Episodi e personaggi della letteratura, Electa )
 



Niccolò dell'Abate, Alcina accoglie Ruggiero nel suo castello, 1550
( immagini tratte da Episodi e personaggi della letteratura, Electa )
 

La maga Armida, demoniaco strumento del male

Armida nella Gerusalemme liberata  incarna la seduzione magica e peccaminosa che conduce all’abbandono della razionalità. Per il cavaliere cristiano cedere alle lusinghe d’amore equivale a perdere la sua vera identità. Solo rispecchiandosi nel suo scudo di crociato Rinaldo si ritroverà nuovamente come uomo e cavaliere.

 


Domenichino, Rinaldo e Armida, 1620-1621
( immagini tratte da Episodi e personaggi della letteratura, Electa )
 



Cecco Bravo, Armida, 1650
( immagini tratte da Episodi e personaggi della letteratura, Electa )
 

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