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La riforma della Chiesa e Cluny La lotta per le investiture

XII- XIII sec. l'impero e la Chiesa  L'espansionismo cristiano

L'immaginario religioso - Domenicani e Francescani

La repressione delle eresie ed i simbolismi del male.

La crisi del papato romano e la cattività avignonese

Il cristianesimo sotto l'Impero romano.

Il cristianesimo e il culto imperiale

 

La politica religiosa dell’impero nei primi due secoli segue una linea precisa: si concede da un lato la massima libertà di culto; dall’altro si impone il culto dell’imperatore divinizzato, come nei casi di Caligola, Nerone e Domiziano. Il culto che si tributa all’imperatore è anche un omaggio che si rende al potere dello stato romano; come tale, esso viene accettato senza resistenza da tutti i popoli che ne riconoscono la supremazia. L’ordine imperiale era edificato sull’oppressione, la miseria, la perdita di identità nazionale di milioni di uomini, per i quali la nuova era non portava né prosperità né felicità ma l’incombenza di una servitù più inesorabile proprio perché universale: erano gli schiavi, i liberti, gli artigiani e i mercanti a subire tale condizione. Mentre i popoli periferici come gli ebrei erano ancora ribelli alla sottomissione, i cristiani rifiutavano di venerare l’imperatore divinizzato.  

Il problema dei rapporti tra impero e cristianesimo è dunque complesso ed è destinato a subire una netta evoluzione passando dal II secolo al IV. Sotto la spinta delle incursioni germaniche molte cose cambieranno. Le date del 313 ( editto di Milano dell'imperatore Costantino ) e del 383 ( editto di Tessalonica ) segneranno infatti una definitiva inversione di tendenza. Il cristianesimo, utile all'impero per la difesa contro i barbari, ed ormai integrato nell'aristocrazia latina diventerà religione ufficiale dell'impero.

 

La separazione tra ebraismo e cristianesimo

 

Il conflitto religioso si accompagnava all’irriducibile spinta ebraica all’indipendenza nazionale. All’interno del mondo ebraico si era sviluppata la predicazione di Gesù, l’inviato di Dio agli uomini, che era stato condannato e ucciso dai Romani come ribelle, e dagli ebrei come falso Messia. Il cristianesimo si vedeva dunque davanti ad una serie di scelte: il rapporto con gli ebrei da un lato e con lo stato romano e i gentili dall’altro.  

La sinagoga sconfitta è testimone del trionfo cristiano. 

Benedetto Antelami, Deposizione della croce, rilievo in calcare, Duomo di Parma ( 1176 )

Nell'altorilievo di B. Antelami in cui è raffigurata la deposizione di Cristo, la figura femminile a sinistra della croce rappresenta la Chiesa che stringe in una mano un vessillo dispiegato con il simbolo cristiano, mentre con l'altra tiene il calice dove si raccoglie il sangue del redentore, segno del nuovo patto tra Dio e gli uomini. La figura a destra è invece quella della sinagoga ( il tempio degli ebrei ): il suo vessillo è spezzato, un soldato le sta vicino con gesto minaccioso, mentre l'arcangelo Raffaele le preme la testa verso il basso imponendole di inchinarsi davanti alla croce.

Mentre per la maggior parte dei cristiani la presenza del giudaismo costituisce un motivo di grave preoccupazione, Agostino, con la teoria del popolo testimone dà un significato positivo a quella presenza. Gli ebrei testimoniano con le loro scritture che noi non abbiamo inventato le profezie relative a Cristo....Paolo ha detto che è grazie alla caduta degli ebrei che la salvezza è giunta ai gentili.....( da Fossati, Luppi, Zanette, Studiare storia, Bruno Mondadori )

Mentre cercavano di diffondere la nuova fede tra i pagani, i primi cristiani dovevano fronteggiare la predicazione ebraica e facevano ogni sforzo per presentarsi come differenti da loro. I comandamenti prescritti dalla legge ebraica e contenuti nell'Antico Testamento ( la Bibbia ) erano considerati superati dai Cristiani che facevano riferimento al Nuovo Testamento, un nuovo patto, i cui contenuti si trovano nei Vangeli. Inoltre i cristiani accusarono di deicidio gli ebrei che parteciparono alla condanna di Cristo, e con loro  tutti i loro discendenti che sarebbero stati accompagnati dal disprezzo e dall'odio dei cristiani ( antiguidaismo ).

Dopo la distruzione del tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. gli ebrei furono cacciati definitivamente da quella città. Iniziò così la diaspora ( dispersione ) del popolo ebraico che i cristiani interpretarono come giusta punizione nei loro confronti. Dopo la legittimazione del cristianesimo all'interno dell'impero la condizione degli ebrei in occidente cominciò ad essere quella di persone malamente tollerate dalla popolazione circostante: i loro diritti furono limitati per legge. L'ostilità da cui erano circondate contribuì a consolidare l'isolamento delle comunità ebraiche e alla fine del Medioevo si arrivò ad imporre loro l'obbligo di risiedere in zone definite e chiuse all'interno delle città ( ghetti ).

 

Le persecuzioni

Comunità cristiane si formarono rapidamente  nei maggiori centri dell’impero; esse erano composte in prevalenza da liberti, artigiani, mercanti, ma presto anche da funzionari dell’amministrazione imperiali e da qualche membro dell’aristocrazia romana. Nonostante la loro dichiarata obbedienza all’autorità statale, essi si rifiutavano di venerare l’imperatore, verso la metà del primo secolo essi erano ormai troppo numerosi e troppo tenaci in questo rifiuto, tanto che furono ordinate grandi persecuzioni, che trovarono il consenso della popolazione delle città. (Nerone,  Traiano, Marco Aurelio). Le persecuzioni non impedirono però la crescita delle comunità cristiane; Erano organizzate in una Chiesa  ed erano dirette da vescovi fra i quali prendeva sempre più piede quello di Roma. Di fronte alle persecuzioni, alla persistente realtà dell’oppressione, alla disperazione di sempre più larghi strati sociali i cristiani si trovarono di fronte alla rottura di ogni compromesso con la società imperiale. Chiesero ai fedeli di prepararsi alla seconda venuta di Cristo, di spogliarsi delle loro ricchezze e di realizzare un “comunismo di carità” nelle comunità dei fedeli. Questa linea avrebbe condotto il cristianesimo sulle posizioni di una rivoluzione morale e sociale. 

 

Cristianesimo religione dell'impero

 

Ad essa si oppose l’organizzazione della Chiesa, con i sui teorici come Giustino e Clemente. Secondo questa posizione, non solo la Chiesa può convivere con lo Stato imperiale a patto di una spartizione di competenze fra dominio spirituale  e dominio temporale; la stessa tradizione culturale pagana è pienamente compatibile con la dottrina cristiana. La ricchezza non è in se stessa un male di cui ci si debba spogliare con la carità. Con questa scelta la Chiesa cristiana affermava la sua vocazione a proporre una fede religiosa, un’ideologia morale valide per tutta la società imperiale e a costituirsi come un organizzazione universale con cui lo Stato avrebbe dovuto prima o poi fare i conti.

Le comunità fondavano scuole, mantenevano legami internazionali, organizzavano opere di beneficenza per i poveri; il vasto consenso sociale di cui disponevano le metteva in grado di resistere anche alle persecuzioni più dure. Nonostante che i primi teorici dell’accordo fra Chiesa e Impero, come Giustino e Clemente, cadessero vittime della repressione statale, poco più di un secolo dopo la loro morte questa posizione avrebbe trionfato, con la trasformazione del cristianesimo in religione ufficiale dell’impero. ( 313 Editto di Milano di Costantino e 383 Editto di Tessalonica )  

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