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La repressione delle eresie ed i simbolismi del male.

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L'abbazia di Lucedio e le grange cistercensi.

La zona tra Trino e Vercelli.

La campagna fra Trino e Vercelli era intorno al XII secolo in gran parte incolta a causa della persistenza di ampie zone paludose e di foreste. Soprattutto la zona compresa tra il fiume Po, la Dora e la Sesia si trovava in queste condizioni.

Il Po e la campagna delle Grange.

Era dunque necessario bonificare i terreni e metterli a coltura affinché potessero fornire una rendita. All'epoca esistevano ordini religiosi che non limitavano la loro azione alla cura spirituale dell'anima;  tra compiti cui attendevano ve n'erano anche di più materiali legati al lavoro dei campi.  Uno di questi ordini era quello dei monaci Cistercensi: tra le regole che li caratterizzava, c'era quella che imponeva la fondazione dei monasteri in zone deserte o in mezzo a terre vergini bisognose di essere dissodate e messe a coltura.  In altre parole bonificate.

Affidare un territorio ai Cistercensi, significava quindi compiere un investimento non solo economico ma anche politico.  Significava poter esercitare, attraverso l'abbazia, una forte influenza sulla popolazione. Il territorio a nord di Trino, quasi a ridosso del Po, fu donato ai Cistercensi dal marchese Rainero dei Monferrato con l'evidente scopo di poter meglio controllare una strategica zona di confine con il sempre più potente comune di Vercelli.  E i monaci cistercensi, provenienti dal monastero francese di La Ferté, fondarono nel 1123 l'abbazia di Lucedio che, da quel momento, divenne uno dei luoghi più importanti dell'intero vercellese, culla di una civiltà agricola che diede origine alla risicoltura e alla diffusione dell'attuale sistema agricolo.

 

Le Grange

Tra gli indubbi meriti dei cistercensi non va tuttavia soltanto ricordato quello di aver introdotto nella pianura vercellese la coltivazione dei riso.  Grazie alle "grange",  fu superato il problema della polverizzazione della proprietà, una situazione tipica dell'agricoltura medievale. Con il termine di grangia (da granica, ovvero deposito di grano) veniva indicato un insediamento rurale produttivo.  La grangia poteva nascere sulle basi di strutture agricole già esistenti, oppure essere costruita ex-novo.  Essa godeva di notevole autonomia rispetto alla sede abbaziale che l'aveva costituita, anche se a capo era stato messo un "converso", cioè un laico che, dopo aver fatto voto di povertà e dopo aver donato i propri beni al monastero, diventava membro della comunità monastica.

Attraverso le grange fu possibile meglio amministrare il patrimonio delle donazioni e promuovere quindi un nuovo modello di sviluppo agricolo, più razionale e programmato.  Una volta consolidata la proprietà fondiaria, si pensò anche di ricavare da essa una rendita.  Compaiono allora, anche se ancora sporadicamente, casi di affitto delle terre dell'abbazia (siamo cm il XIV e il XV secolo) fino a che, con la trasformazione dell'abbazia in commenda (1457) affidata a Teodoro Paleologo, figlio dei marchese Giangiacomo di Monferrato, viene meno l'autonomia rispetto a nobiltà e curia, che adesso impongono la riscossione di rendite e pensioni.  A partire dal 1552, le grange vennero affittate dietro pagamento di un canone in denaro. 

Abbazia di S. Maria di Lucedio, Il campanile ottagonale, testimonianza superstite degli edifici abbaziali medioevali.

 

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