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Nel secondo dopoguerra le rivendicazioni contadine per una politica di programmazione democratica
La conquista delle otto ore ( 1906 ) - Le lotte contadine fino al 1920 - Le lotte contadine negli anni del fascismo

Tratto da Irmo Sassone, Le lotte del dopoguerra e per una politica di programmazione democratica


Negli anni immediatamente successivi alla Liberazione si registrarono dure lotte dei braccianti, dei salariati e delle mondine vercellesi, per la conquista dei contratti collettivi di lavoro e migliori condizioni di vita, come avvenne per altre categorie di lavoratori in Piemonte e in Italia.

Settembre 1945: esce "L'Amico del Popolo"

Il 25 settembre 1945 uscì il primo numero de "L'Amico del Popolo",
settimanale della Federazione comunista vercellese fondato dall'on. Francesco Leone, il quale riportava le notizie degli scioperi nelle campagne per la stipulazione del contratto dei tagliariso, avvenuti a metà settembre e conclusi con la conquista di 70 lire di indennità di contingenza.  Al settimanale "La Risaia", organo della Federazione di Vercelli del Partito socialista italiano, che riprese le pubblicazioni dopo la Liberazione, si aggiunse così un altro organo di stampa locale, sostenitore delle lotte di classe nel Vercellese.  Il 31 marzo 1946 ebbe luogo a Vercelli il 1° Congresso provinciale della Federterra, l'organizzazione sindacale delle mondine, dei braccianti e dei salariati agricoli vercellesi.

Le tariffe salariali per il contratto della monda del riso per il 1946, prevedevano 320 lire al giorno per 8 ore di lavoro, per gli uomini e le donne dai 15 ai 65 anni, e il 10 per cento in meno per uomini e donne dai 14 ai 15 anni, per i lavori di trapianto del riso lire 350 al giorno, più un chilogrammo di riso bianco al giorno e la minestra gratuita. Le tariffe per gli operai della fabbrica Chatillon, dal 1 aprile 1946, erano di lire 20 all'ora per gli operai specializzati; per gli operai comuni sopra i 20 anni lire 17,05 all'ora, per i manovali sopra i 20 anni lire 15,70 all'ora, per le donne soltanto lire 11,55 all'ora, più lire 1,25 per cento sul totale. Dal confronto delle due tariffe salariali emerge che il salario per la monda del riso era raddoppiato rispetto a quello dell'operaio specializzato della Chatillon di Vercelli, e quasi triplicato rispetto a quello delle operaie e questa notevole differenza salariale, che durava soltanto per quaranta giorni di lavoro, spingeva diversi operai ed operaie a partecipare ai lavori stagionali di monda e trapianto del riso.
Nella prima decade di luglio l'on. Giuseppe Di Vittorio segretario generale della Cgil, tenne un comizio durante la festa della mondina alla colonia elioterapica di Vercelli.

Il primo sciopero generale nella valle Padana

Nel 1947 ebbe luogo, nel mese di settembre, lo sciopero dei braccianti della valle Padana, i quali, per la prima volta in Italia, uscirono dalla lotta provinciale per investire con una direzione unica tutte le province.
A questo proposito, Ilio Bosi, allora dirigente della Confederterra nazionale, sul mensile "Rinascita"
così si espresse: "I braccianti del Vercellese, che sono certamente tra i più poveri dell'Italia settentrionale, hanno sostenuto il peso maggiore dell'agitazione perché, quando lo sciopero è stato proclamato, essi di fatto erano in sciopero già da una settimana, cioè da quando sarebbe stato possibile il taglio del riso...
Alla cessazione dello sciopero, il governo sottoscrisse, con la firma degli onorevoli Amintore Fanfani e Antonio Segni l'impegno di estendere il sussidio di disoccupazione ai braccianti ed ai salariati agricoli e di rendere obbligatori investimenti per migliorie agrarie.
L'anno 1948 fu caratterizzato dal risultato delle elezioni politiche del 18 aprile, le quali, anche nel Vercellese, segnarono un successo elettorale della Democrazia cristiana, che conquistò la maggioranza dei voti e dei deputati in Parlamento. Nel clima post-elettorale si ebbe l'attentato all'on. Palmiro Togliatti il 14 luglio 1948, al quale seguì immediatamente lo sciopero generale politico fino al 16 luglio, a Vercelli e nel Vercellese, come in tutta Italia. Successivamente si ebbe, anche nel Vercellese, la scissione sindacale della corrente democristiana, come avvenne su scala nazionale, con l'on. Giulio Pastore, valsesiano, che diventò poi segretario generale della Cisl per diversi anni.  Anche nel 1948 proseguirono le lotte sindacali dei lavoratori agricoli, che portarono il salario per la monda del riso a lire 1.000 al giorno, più 1 chilogrammo di riso e la minestra gratuita a mezzogiorno.

Da parte padronale, nel mese di aprile del 1949 si rese noto che alle trattative della monda del riso sarebbe stata avanzata la proposta di abolire i trenta giorni di minimo impegnativo di giornate di lavoro. Il 16 maggio iniziò lo sciopero nazionale dei lavoratori agricoli e, dopo venti giorni di lotta, il 5 giugno, nel comune di Ronsecco si raggiunse un accordo tra le parti, il quale riconfermava l'applicazione del contratto di monda del 1948; accordo che sarà poi esteso per tutta la risaia.  

Il più lungo e difficile sciopero dopo la Liberazione, nel settembre del 1950

Un accordo sindacale venne raggiunto nel febbraio del 1950 per la contingenza.  Alla fine del mese di giugno l'on. Giuseppe Di Vittorio partecipò, per la seconda volta, alla festa provinciale delle mondine che si tenne a Trino.  Ai primi di settembre venne stipulato il contratto per il taglio del riso che confermò le 140 lire
al giorno dell'anno precedente.
Il 29 settembre i giornali locali annunciarono l'inizio dello sciopero provinciale per l'imponibile di mano d'opera a carico della proprietà, per la giusta causa nelle disdette dei salariati fissi, per le medicine gratuite e altre rivendicazioni. Durante lo sciopero ci fu un intervento massiccio delle forze di polizia provenienti da altre province, e solo dopo diciassette giorni si raggiunse un accordo su una delle tre principali rivendicazioni: le medicine gratuite. Fu il secondo accordo provinciale su questa materia, dopo quello della provincia di Bologna.  Tuttavia il quotidiano l'Unità precisava:
"Presso il ministero a Roma non si è trovato l'accordo per l'assistenza farmaceutica e la questione è rimandata in sede provinciale. Malgrado ciò gli agrari hanno ancora il modo di tergiversare. Così da domani domenica i lavoratori della terra del Vercellese sono in sciopero. Domani mattina si riunisce il Consiglio delle Leghe per coordinare e sviluppare l'azione. Per intanto le disposizioni sono di sciopero di tutti i braccianti avventizi e tagliariso con l'esclusione della mano d'opera necessaria ai coltivatori diretti. I cavallanti solo il governo, i mungitori salteranno la mungitura pomeridiana di domenica, i manzolai per domenica solo il governo". "[...] Grandi assemblee di lavoratori in tutti i paesi. Sciopero totale nelle grandi aziende, mentre in quelle dei piccoli coltivatori si sta mietendo il riso".

"Il sangue di un altro bracciante è sceso a bagnare la risaia vercellese: a questo tragico bilancio ha portato, alla fine del sesto giorno di sciopero, la ricerca insensata della provocazione da parte degli agrari e delle forze di polizia. A Quinto Vercellese, sulla riva d'uno dei campi della Cascina Nuova, il bracciante Mosè Braga è stato ferito gravemente all'addome dalla pistola di un agrario [...]. Non appena venuto a conoscenza del ferimento del giovane bracciante Braga, l'esecutivo della Camera del Lavoro Vercellese si è riunito ed ha unanimemente deliberato di proclamare per domani sabato uno sciopero generale di protesta per i lavoratori vercellesi, biellesi e valsesiani di tutte le categorie (agricoltura, industria, commercio) ad eccezione dei servizi indispensabili".
"In seguito al sanguinoso fatto di Quinto Vercellese  domani 30 settembre incroceranno le braccia dalle ore 16 alle ore 18 in segno di fraterna solidarietà coi braccianti vercellesi in lotta ed in segno di vibrata protesta contro gli agrari.  Tutti i lavoratori del Biellese alle ore 16,30 si raggrupperanno in largo Matteotti in una pubblica manifestazione di protesta. Avrà luogo un comizio pubblico. Analoghe manifestazioni avranno luogo a Borgosesia, Croce Mosso, Pray, Ponzone, Occhieppo Inferiore, Cavaglià". "Anche nel Novarese la Commissione esecutiva della Camera del Lavoro ha deliberato due ore di sciopero generale per tutti i lavoratori dell'industria dalle ore 10 alle 12 di domani in segno di protesta contro il ferimento del bracciante vercellese a Quinto.  Ci sono comizi di protesta in tutte le località della provincia".
La Camera del Lavoro di Torino e provincia a nome dei lavoratori torinesi offrì la somma di un milione e duecentomila lire a favore degli scioperanti.

In una lettera alla Confagricoltura, Di Vittorio affermava tra l'altro:
"Poiché, data la stagione avanzata, il prolungarsi dello sciopero dei braccianti della Valle Padana potrebbe compromettere una parte notevole del raccolto risicolo, al fine di evitare una iattura per l'economia nazionale, la Segreteria della Cgil propone un tentativo comune di conciliazione, con lo scopo di promuovere in brevissimo tempo un accordo tra le parti con l'intervento diretto delle nostre due Confederazioni.  

"Dopo sette ore di discussione fra Bitossi, segretario della Cgil, Luciano Romagnoli, segretario nazionale della Federbraccianti, l'on. Sampietro e i rappresentanti della Associazione provinciale degli agricoltori di Vercelli, presente il prefetto dott. Morosi e il Direttore dell'Ufficio provinciale del Lavoro, è stato raggiunto un accordo di massima per la soluzione della vertenza bracciantile in atto da 17 giorni in tutte le zone risicole del Vercellese.
È stato raggiunto l'accordo circa il contratto provinciale dei braccianti giornalieri e dei salariati fissi, che andrà in vigore l'11 novembre del corrente anno. Circa l'assistenza farmaceutica è stato concluso il seguente accordo:
'Gli agricoltori si impegnano a corrispondere per ogni unità lavorativa loro derivante in forza dell'imponibile di mano d'opera, come previsto dal contratto collettivo di lavoro per i braccianti agricoli avventizi, da valere per l'annata agraria 1950-51, indipendentemente dalla effettiva prestazione, una indennità straordinaria giornaliera in aggiunta alla paga normale. L'ammontare dell'indennità suddetta sarà fissata dalle parti entro quindici giorni dalla firma del presente accordo. Qualora entro il termine stabilito le parti non abbiano raggiunto un'intesa, la decisione sarà demandata all'arbitrato dell'Eccellenza il prefetto di Vercelli. Tale indennità straordinaria ed eccezionale, a richiesta dei rappresentanti delle organizzazioni provinciali dei lavoratori, sarà trattenuta e versata da ciascun agricoltore interessato alla Banca sul conto corrente a disposizione delle organizzazioni sindacali dei lavoratori, le quali si impegnano di devolverne l'importo per il raggiungimento delle finalità previste. La suddetta indennità, in relazione all'art. 4 dell'accordo interconfederale del 28 giugno 1949, sarà corrisposta fino alla data dell'entrata in vigore della riforma della previdenza sociale o di qualsiasi altra disposizione regolante in materia ' [...].
Circa l'imponibile di mano d'opera, affermato il principio dello sgravio dei coltivatori diretti da ogni obbligo, su richiesta della Federbraccianti il Prefetto si è impegnato a garantire l'effettiva applicazione del testo unico delle leggi sanitarie e d'igiene, le quali fanno obbligo ai proprietari di aziende agricole di provvedere alla sistemazione dei locali di abitazione e delle concimaie, secondo le norme d'igiene; il che significa garantire un notevole assorbimento di mano d'opera e insieme migliori condizioni ambientali alle famiglie dei lavoratori abitanti nelle cascine.

Negli anni cinquanta inizia l'esodo dalla risaia, verso il lavoro industriale e terziario nelle città

Nel corso degli anni cinquanta proseguirono le lotte sindacali per i contratti, il salario, l'occupazione e la parità previdenziale, mentre iniziava l'esodo dei lavoratori dalla risaia, i quali, da 30.585 iscritti negli elenchi anagrafici della provincia di Vercelli, scesero a 14.754 nel 1963, ed a 4.185 nel 1978, occupandosi nell'industria e nel terziario.  Un accordo stipulato nel maggio 1951 stabiliva che, quando il lavoratore agricolo avesse compiuto cinquantuno giornate di lavoro all'anno, aveva diritto gratuitamente all'assistenza ospedaliera, farmaceutica, ostetrica, sanitaria, specialistica e ambulatoriale.  

Nella seconda metà degli anni cinquanta, si ottennero limitati aumenti salariali, e non si riuscì a rinnovare il contratto di lavoro come nel 1956, per monda e taglio, e nel 1957, per la raccolta del riso.
A Trino nell'aprile 1956 ebbe luogo l'Assise della risaia, con una relazione di Piero Besate, segretario della Federbraccianti, e le conclusioni dell'on. Emilio Sereni. Sono gli anni del "ridimensionamento" della risaia.
Nel 1958 si tenne a Vercelli una manifestazione al cinema Corso con un discorso del nuovo segretario nazionale della Federbraccianti Giuseppe Caleffi, e nel 1959 venne emessa la sentenza della Corte Costituzionale che aboliva l'imponibile di mano d'opera. Dopo limitati aumenti salariali negli anni 1960 e 1961, solo nel 1962 il salario monda salirà di 250 lire al giorno, per un totale di 2.170 lire, preludio della lotta per le 7 ore di lavoro nella monda del riso, che inizierà l'anno successivo.

La lotta per le 7 ore negli anni sessanta

Dal 18 marzo 1963 entrarono in vigore i nuovi contratti provinciali di lavoro per i salariati e i braccianti. Essi prevedevano aumenti di salario dal 10 al 18 per cento, le qualifiche, e le 46 ore di lavoro per i salariati fissi, tradotte in un mese in più a 7 ore di lavoro, in conseguenza dell'attuazione del rinnovo del contratto nazionale dei salariati fissi.  Il 14 maggio venne organizzata a Vercelli una manifestazione di mondine per le 7 ore di lavoro nella monda del  riso, e dopo le 48 ore di sciopero del 5 e 6 giugno (per le 7 ore in risaia), lo sciopero continuò a tempo indeterminato nei comuni di Caresana e Villarboit, dove ebbero luogo anche comizi unitari della Cgil e della Cisl.
In una quindicina di comuni vercellesi le mondariso realizzarono di fatto le 7 ore di lavoro dal 1963 in avanti, ma solo nel 1968 si ottennero le 7 ore e 30 minuti per contratto; 7 ore e 20 minuti nel contratto del 1969, col salario di 3.300 lire al giorno.  Nei giorni 10 e 19 dicembre 1969 si scioperò per i patti nazionali di lavoro, i quali vennero rinnovati il 24 dicembre con la conquista delle 42 ore settimanali, un aumento del 15 per cento, il diritto di assemblea in azienda e di eleggere delegati sindacali dove siano occupati oltre cinque lavoratori. Si svilupparono anche scioperi e manifestazioni per pensioni adeguate, in particolare per quelle al "minimo", e per la parità assistenziale e previdenziale dei lavoratori agricoli, non ancora completamente acquisita attualmente.


La Federazione sindacale unitaria e la manifestazione regionale della Federazione dei coltivatori diretti

Nel 1972 si rinnovò il Patto nazionale di lavoro e si ottenne la Cassa integrazione guadagni anche per i lavoratori agricoli.  
Il 23 ottobre a Vercelli si costituì la Federazione sindacale unitaria Cgil-Cisl-Uil, composta da Ghisio, Mandrino, Robotti, Coralli, Osenga, Catellani, Ferraris, Pavese, Graziano, Stefanuto, Lobbia, Pertusi, Massardi, Orlandi, Marazzina per la Cgil; Abbiate, Data, Sironi, Berardi, Di Criscio, Ferraris, Roggia, Lo Bascio, La Terra, Marocchi, Nasi, Alaimo, Veziaga, Cesa, Leonardi per la Cisl; Porro, Novaretti, Zarino, Picaluga, Melotti, Sereno, Zampalla, Panetta, Massa, Bertini, Sorisio, Di Ronzio, Tennaco, Spinelli, Mascari per la Uil.
 
Il 31 ottobre, si riunirono i Comitati direttivi provinciali della Federbraccianti-Cgil e della Fisba-Cisl, e procedettero alla costituzione della Federazione provinciale unitaria degli operai agricoli. Nella stessa circostanza venne sottolineata
"la necessità di intensificare ulteriormente l'azione per il miglioramento delle condizioni salariali e normative contrattuali degli operai dell'agricoltura, per il raggiungimento di condizioni generali di vita e di lavoro analoghe a quelle dei lavoratori degli altri settori produttivi. Particolarmente marcato l'accento posto sulla necessità che l'azione futura del sindacato esca dai confini meramente corporativisti categoriali, per inserirsi nella azione generale, e sia elemento incentivante allo sviluppo economico generale di tutta l'economia della Provincia".

Il 5 novembre 1975 si tenne a Torino la manifestazione dei coltivatori diretti, in preparazione della quale venne affisso nei comuni del Vercellese il seguente manifesto:  "Le Federazioni provinciali Coltivatori Diretti del Piemonte
invitano i coltivatori diretti a partecipare in massa alla manifestazione di Torino lunedì 5 novembre per richiamare l'attenzione dell'opinione pubblica e dei pubblici poteri sul grave stato di abbandono in cui si trovano oggi le comunità rurali e l'agricoltura piemontese.
Tutti devono sapere che: - L'agricoltura sta morendo.  I coltivatori devono abbandonare le loro aziende. I costi di produzione aumentano vertiginosamente.  I prezzi dei prodotti agricoli molte volte non compensano le spese sostenute.  Da oltre tre anni è venuto meno un qualsiasi intervento pubblico, organico e continuativo a favore dei produttori agricoli.  Le federazioni provinciali coltivatori diretti del Piemonte
chiedono al Governo ed alla Regione d'intervenire urgentemente per un rilancio dell'agricoltura a livello nazionale e regionale, anche nell'interesse più generale di tutti i consumatori italiani".

Le Conferenze agrarie comunali e zonali

Dal 1970, dopo la costituzione delle Regioni, al 1973 nel Vercellese si organizzarono le Conferenze agrarie comunali o zonali, alle quali parteciparono complessivamente circa un migliaio di coltivatori diretti e lavoratori agricoli, oltre a dirigenti sindacali, di partiti politici e di organizzazioni sindacali, consiglieri comunali, provinciali e regionali. I promotori furono alcuni comuni e l'Alleanza dei contadini, organizzazione minoritaria, costituitasi nel Vercellese dopo la Liberazione con la denominazione Associazione piccoli proprietari e affittuari (Appa) ed ora Confcoltivatori.

Costituzione, programmazione e commissioni per i piani zonali di sviluppo agricolo 

L'articolo 44 della Costituzione riguarda interamente l'agricoltura ed afferma testualmente:
"Al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà. La legge dispone provvedimenti a favore delle zone montane".
Sono passati circa trentacinque anni dall'approvazione della Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza e, salvo la limitata riforma fondiaria del 1950, che non ha interessato il Vercellese, una effettiva riforma agraria rimane ancora da attuare.
.  L'articolo 11, riguardante la programmazione economica nazionale e regionale, afferma testualmente: "Lo Stato determina gli obiettivi della programmazione economica nazionale con il concorso delle regioni.  Le regioni determinano i programmi regionali di sviluppo, in armonia con gli obiettivi della programmazione economica nazionale e con il concorso degli enti locali territoriali secondo le modalità previste dagli statuti regionali.  Nei programmi regionali di sviluppo gli interventi di competenza regionale sono coordinati con quello dello Stato e con quelli di competenza degli enti locali territoriali.
La programmazione costituisce riferimento per il coordinamento della finanza pubblica".

Il Consiglio della Regione Piemonte ha approvato una legge regionale che ha istituito le commissioni per la elaborazione dei piani zonali di sviluppo agricolo, composte da sei rappresentanti per ogni comune, le quali sono state insediate nel Vercellese nel settembre del 1979.

Dopo il necessario periodo di rodaggio, le prime proposte per la elaborazione dei piani zonali di sviluppo agricolo sono state abbozzate per la discussione, l'approvazione e per la successiva realizzazione.
Nel frattempo, anche il riso è entrato a far parte della politica agricola comunitaria, con una specifica regolamentazione, e l'Ente Nazionale Risi è diventato organismo di intervento sul mercato.
Negli anni '70 i salari per la monda e la raccolta del riso e per gli altri lavori agricoli si sono adeguati ai salari degli altri lavoratori.  Per il 1982 le tariffe per la monda del riso sono state di lire 37.707 al giorno per 7 ore di lavoro, e di lire 7.099 per ogni ora di lavoro straordinario. Per la raccolta del riso: lire 39.374 al giorno per 7 ore, e 8.064 lire per ogni ora festiva o notturna. Le mondine sono però state sostituite dai diserbanti chimici, i tagliariso dalle mietitrebbie, e sono rimasti in tutta la risaia vercellese circa 3.000 lavoratori dipendenti e circa 3.000 aziende di coltivatori diretti, oltre ai particellari, e meno di cento grandi aziende capitalistiche.

Diritto al lavoro e nuova qualità della vita

L'ultima lotta storica nel periodo da noi considerato, nelle campagne vercellesi, fu quella dell'autunno 1950, che strappò il principio dell'assistenza farmaceutica ma non l'aumento di occupazione, che sarà ottenuto in seguito, con lo sviluppo industriale e terziario, anche se nel Vercellese ha avuto i limiti storici noti.  Per analizzare questi limiti, alla luce di quanto è avvenuto nell'ultimo decennio, sarà interessante avere presente la seconda parte degli avvenimenti storici dell'ultimo secolo, i quali possono essere raggruppati intorno a quattro temi omogenei: gli affitti e il costo della terra: ieri e oggi; il costo della irrigazione, della bonifica e il mercato del riso, lo sviluppo della meccanizzazione, del diserbo chimico, della ricerca e della sperimentazione risicola, i censimenti della popolazione e lo sviluppo agricolo-industriale e del terziario negli anni ottanta, per dare lavoro agli oltre 2.000 disoccupati iscritti all'Ufficio di collocamento di Vercelli, dei quali 900 giovani.  
 Se ci sono previsioni di aumento della popolazione per il 2000 nel mondo e in misura minore anche per l'Italia, il Vercellese nell'ultimo decennio ha registrato un calo di popolazione di 9.000 abitanti; altri 5.000 abitanti in meno si sono avuti nel Biellese e un centinaio in Valsesia, per un totale di oltre 12.000 unità nella provincia. Il calo di abitanti non dipende solo da fattori demografici, collegati allo sviluppo di società mature, come si usa dire: in queste zone avanzate è possibile programmare uno sviluppo economico nuovo, utilizzando tutte le risorse esistenti, e richiamandone altre da zone congestionate.
 


Fonti bibliografiche:
• Irmo Sassone,
Le lotte del dopoguerra e per una politica di programmazione democratica
"L'impegno", a. II, n. 4, dicembre 1982 -  Istituto per la storia della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli - Articolo presente sul web alla pagina http://www.storia900bivc.it/pagine/editoria/sassone182.html
• Irmo Sassone, La conquista delle 8 ore - Contributo ipermediale in CD rom.
 

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