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L'artificio di una natura virtuale che si insinua nel corpo e nei volti, ne fa parte operando mirabili metamorfosi. La natura morta e la morte nella natura.


  

G. Arcimboldi, L'Estate


G. Arcimboldi, Vertumno, 1591


Un brivido di anomalia corre in questa pittura  metaforica  e surreale che richiama l'idea di una natura disordinatamente assemblata, entropica,  deviata..... a figurare impossibili divinità, irriconoscibili caricature dell'uomo, confuse con gli elementi che danno vita e sensibilità al suo corpo. E' questo un emblema manieristico di quella stessa natura artificiosa e fatalmente seduttiva che connota la reggia della maga Armida nella sua dimora, accecando la mente di Rinaldo.

La natura ci nasconde anche le sue leggi enigmatiche di morte

L'Arcadia è la felice terra dei pastori e dell'eterno canto d'amore; essa sembra incarnare il simbolo di una vita serena e lontana dall'idea della morte e del dolore. Due pastori si imbattono invece in un teschio posto in bella vista su una costruzione che porta la scritta virgiliana "Et in Arcadia ego". E' il richiamo alla fragilità della vita umana che ovunque deve avere presenti le leggi di natura e soprattutto il richiamo religioso alla brevità della vita. In questa luce ambigua si possono rileggere le colorate allegorie metamorfiche dell'Arcimboldi. La fusione tra corpo umano e natura trova un corrispettivo nei ritmi di riproduzione e morte di messi, fiori e frutti, che - quando assemblati in modo virtuale - richiamano inequivocabilmente alla loro fragilità. L'esistenza umana è ugualmente una parabola irrevocabile; quindi il suo emblema non può che essere un teschio, immagine statica dell'inesauribile disseminazione della materia.

La natura reificata

La natura morta è il genere pittorico che nel '600 meglio emblematizza l'impiego delle metafore e  l'intelligente funzionamento delle reti metaforiche. L'espressione natura morta  suggerisce un ossimoro ( Natura = vita vs. morte ) in quanto contrappone l'idea di vitalità ed inesauribile ricchezza del mondo naturale a quello di perdita di linfa vitale, di recisione e di consumo dei beni della natura madre. Ancora emblemi di consunzione ( disordine, dispersione ) che rendono la natura un oggetto ormai sterile e puramente decorativo, sottoposto agli impieghi umani: la natura diventa cibo e si confonde con le suppellettili ammassate su una tavola imbandita.
 



Domenico guercino, Et in Arcadia ego, 1618
 





Pieter Claesz, Natura morta, 1625

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