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  Una natura spiritualizzata, armonica e popolata dal divino. C'è solo leggerezza e sospensione in questa pienezza vitale razionalmente ostentata dalla Venere Humanitas.


S. Botticelli, La Primavera


E' un'opera che non ricorda le atmosfere della corte estense, dove la natura è selva o labirinto, rifugio seduttivo o artificiosa, seducente varietà. Botticelli si inserisce piuttosto nel rarefatto clima neoplatonico della corte medicea. E' evidente il topos del giardino primaverile, al centro del quale troneggia la Venere Humanitas, incarnazione spiritualizzata del divino all'interno della natura. Questa raffigurazione ritrae in forme raffinate e colte lo sforzo dell'uomo di penetrare il senso della vitale varietà e fecondità della natura, trasfigurata dagli dei in pienezza ed equilibrio quasi panteistico.

Descrizione dell'allegoria

A destra il vento Zefiro afferra Clori e con il suo soffio la feconda trasformandola in Flora, generatrice di fiori e Dea della Primavera. Gli alberi carichi di frutta si piegano all'arrivo del vento; i fiori che escono dalla bocca della ninfa Clori si mescolano a quelli che crescono nel prato, riprodotti con meticolose attenzioni. Al centro, davanti al cespuglio di Mirto, pianta a lei sacra, la solenne figura di Venere. Sopra di lei il figlio Cupido, bendato, sta per scoccare una delle sue fatali frecce. A sinistra si svolge un ritmo lento e melodioso, la danza delle Grazie, splendide creature coperte di veli trasparenti che paganamente simboleggiano l'amore che si dona, si riceve, si restituisce; a chiudere la composizione Mercurio che, con il caduceo, sfiora le nuvole: forse allude alla presenza divina oppure tiene il maltempo lontano dal giardino. Lo sfondo è costituito dagli alberi del boschetto, oltre ai quali dopo il restauro del 1983 è apparso un luminoso paesaggio che ha restituito profondità alla scena.
 

I temi neoplatonici

La Primavera  è un'allegoria mitologica. Sul finire del '400 nasce a Firenze l'Accademia neoplatonica, dove operano i filosofi Marsilio Ficino e Pico della Mirandola.
Botticelli
si misura con un concetto nuovo di arte immateriale e spiritualizzante, individuato dal Ficino soprattutto nella musica, come mezzo di elevazione dell'Anima a Dio e riproduzione dell'Armonia superiore che attraversa l'intero universo.
L'opera è ricostruzione  raffinata e del tutto personale del mito della nascita della Primavera ( personificazione delle forze naturali che si ridestano a nuova vita ). Il tema può apparire superficialmente di carattere profano; invece è connotato da allegorie morali e religiose, legate al neoplatonismo cristianizzato della Firenze medicea.
Il tema, tratto da Orazio e Lucrezio sarà ripreso dal Poliziano nelle Stanze . Venere al centro è simbolo dell'Humanitas ( riconducibile ad un emblema, ad una personificazione di tutto ciò che innalza la natura umana ad un livello superiore di civiltà e cultura. A destra Flora è inseguita da Zefiro, che la feconda e la trasforma in Primavera ( figura con la veste trapunta di fiori, dispensatrice di rose ). Le Grazie, allegoricamente Castità, Bellezza e Amore sono unite in un ritmico abbraccio, mentre Mercurio tiene lontana ogni minaccia che proviene dal cielo.
Non si tratta di semplice personificazione pagana del rifiorire dell'eterna Primavera, ma della celebrazione simbolica di valori più astratti e più alti, moralizzati dalla spiritualità cristiana attraverso la celebrazione delle virtù della castità, della purezza, e dell'armonia del creato. Il ritmo mosso delle immagini, la delicatezza dei panneggi e dei gesti offrono quell'equilibrio e quell'armonia di forme, che riconducono idealmente alla dolcezza del locus amoenus ( luogo di perfetta serenità ripreso dal Paradiso terrestre nell'immaginario cristiano e dall'età dell'oro nel mondo pagano).
 


I luoghi della poesia ispirata dalla natura
Marte, Venere, Apollo e le nove Muse, Mercurio, Pegaso sul monte Parnaso


Andrea Mantegna, il Parnaso, 1497
Andrea Mantegna, calliope

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