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La villa romana come anticipazione della curtis

Il castello 1,  2, 3, 4.

L'investitura feudale  

La signoria locale e il diritto di banno.  

Economia curtense  

La cavalleria e la sua evoluzione

La gerarchia feudale

La società trinitaria

 I vescovi conti e la lotta per le investiture

 Evoluzione del  paesaggio agrario  

L'economia curtense

Già con l'ultimo periodo dell’impero romano, quando diminuì il numero degli schiavi dai quali i latifondisti avevano fatto coltivare le loro terre - con bassissimi costi dal momento che li retribuivano solo con vitto e alloggio - i proprietari si erano trovati di fronte al problema di organizzare in modi diversi il lavoro agricolo.  Il più diffuso di questi modi fu la curtis, come si chiama il sistema nel quale venne organizzata la grande proprietà fondiaria tra VIII e XI secolo. 

Servi prebendari e servi casati ( servi della gleba ).  

  Con la fine delle guerre di conquista pur essendo diminuiti gli schiavi disponibili per coltivare i latifondi dell'aristocrazia romana, non era scomparso l'uso di reclutare manodopera agricola facendo prigionieri, soprattutto tra i popoli slavi; i mercanti ebrei mantenevano una lucrosa attività di commercio di schiavi che venivano venduti in Oriente e Occidente. Nell'età feudale lo schiavo. legato con un vincolo di carattere personale al padrone, viene chiamato anche servo o prebendario.  Il servo medievale viveva in una condizione un po' migliore rispetto allo schiavo romano: la diffusione del cristianesimo aveva posto un limite a quel diritto incontrastato di vita e di morte che prima risiedeva nelle mani dei padrone che, del resto, non poteva più permettersi di esercitarlo data la rarità di questa manodopera: inoltre gli era consentita una vita familiare. Lo stato giuridico, però, era lo stesso: si trattava di uomini non liberi, proprietà personale di altri uomini.

L'economia rurale: la mietitura - miniatura eseguita in Renania alla fine del XII sec.

  Nei documenti medievali incontriamo però anche altri uomini che erano chiamati allo stesso modo, servi, ma che giuridicamente erano liberi.  Era nella pratica, e non a livello del diritto, che la loro libertà formale veniva molto limitata.  Infatti questi contadini, non vincolati al proprietario, lo erano però alla terra che lavoravano, che non potevano lasciare perché  facevano parte, come la casa o gli attrezzi o gli animali, dei beni mobili del podere: se quest'ultimo veniva ceduto essi non seguivano, come accadeva ai servi-schiavi, l'antico proprietario, ma rimanevano alle dipendenze del nuovo.  Questa condizione si trasmetteva di padre in figlio, era cioè ereditaria. I servi casati non avevano diritti politici e civili, avevano, per contro, anche qualche vantaggio: risiedevano sul podere in una condizione di relativa autonomia e, oltre al dovere, avevano anche il diritto di rimanere sulla terra, tramandandola ai loro figli, con la conseguenza che non perdevano i mezzi di sostentamento in caso di cambiamento di proprietà.  Per indicare questo tipo di lavoratori che vivevano in una condizione di semilibertà e legati alla terra anziché al padrone, è stato creato il termine, impreciso, di servi della gleba, più corretto è invece parlare, come fanno i documenti medievali, di servi casati (che risiedevano cioè in una loro casa, sul fondo).

  Liberi erano, ovviamente, tutti gli altri: coloro che nascevano da uomini di stato giuridico non servile e coloro che lo avevano acquisito perché affrancati (liberati) dal padrone.  Tuttavia, con lo sviluppo della signoria rurale, tutti coloro che lavoravano la terra con le proprie mani, fossero essi schiavi oppure servi, servi casati, affittuari, piccoli proprietari, si ritrovarono sottomessi allo stesso modo al potere signorile.  

 La curtis  

La vita dei proprietari terrieri e dei servi tra VIII e XI secolo ruotò attorno a un nuovo modo di organizzare la grande proprietà terriera: la curtis.  L’organizzazione in corti (anche se con il nome di villae) fu elaborata nelle terre dei Franchi, dalle quali si diffuse in molti dei paesi che sarebbero stati poi conquistati da Carlo Magno, incontrandosi con forme più o meno simili sperimentate in altre regioni europee.  

La corte era un'azienda agraria divisa in due parti, una che il proprietario faceva coltivare direttamente ai suoi servi e i cui frutti utilizzava direttamente per il suo fabbisogno (la parte dominica, cioè del dominus, del signore), e una, divisa in mansi, cioè poderi, data in affitto a famiglie di contadini liberi o di servi casati in cambio di censi in denaro o in natura ( parte massaricia ).  In genere le terre migliori erano comprese nella parte dominica mentre quelle più difficili da coltivare venivano date in affitto nel massaricio.  In questo modo le due parti non risultavano divise nettamente l'una dall'altra: terre massaricie in affitto potevano essere circondate da appezzamenti dominici e viceversa.  L’azienda assumeva una forma a "pelle di leopardo".  La parte dominica aveva come centro l'abitazione del signore con le stalle. le cantine, i magazzini.

 

Schema funzionale di una curtis divisa in pars massaricia ed in pars dominica.

Dal momento che il lavoro dei servi padronali non era in genere sufficiente a garantire la coltivazione di tutta la terra del proprietario posta nel dominico, i massari, cioè i contadini che lavoravano le terre in affitto, non solo pagavano al proprietario un canone in natura o in denaro, ma dovevano anche impegnarsi a effettuare un certo numero di servizi per coltivare le terre domenicali a fianco dei servi.  Questi servizi si chiamarono corvées (che letteralmente significa richieste, od opere ( giornate di lavoro: si trattava cioè di un lavoro a tempo).  In questo modo il proprietario risolveva il problema della carenza della manodopera alle sue dirette dipendenze: la parte dominica veniva coltivata un po' da schiavi e servi che vivevano presso la casa del signore e, per un notevole numero di giornate di lavoro, dai contadini del massaricio.  

La necessità di nutrire molta gente e la scarsità dei commerci fecero sì che nella corte si cercasse di produrre di tutto, compresi gli abiti, tessuti dalle donne, e gli attrezzi da lavoro.  Questo non significa tuttavia che non si ricorresse anche al mercato, per esempio per i prodotti più fini o per quelli che la corte non era in grado di produrre.  Gli storici oggi sono d'accordo nel sostenere che è sbagliato definire quella curtense un'economia chiusa.

  In Italia l'azienda curtense di modello franco si sviluppò nelle terre longobarde quando vennero conquistate da Carlo Magno.  Ma non in tutte: la massima diffusione delle corti si ebbe nell'area padana, nella Toscana e nel ducato di Spoleto; fu modesta nel Friuli e nel Trentino; rimasero invece sostanzialmente estranee a ogni modello curtense le terre longobarde dell'Italia meridionale.

Il ruolo delle abbazie  

Insieme alle grandi proprietà laiche, si affermarono importanti aziende  intorno ai monasteri: ciò era dovuto sia al fatto che il monachesimo aveva rivalutato il lavoro, sia perché i monaci, spesso provenienti da famiglie agiate, portavano i propri beni in dote al monastero nel quale entravano. Per renderci conto di quanto estese potessero essere divenute le proprietà ecclesiastiche, basterà ricordare un esempio italiano: si è calcolato che in epoca carolingia circa un terzo dell’intero territorio produttivo della penisola fosse in mano a enti ecclesiastici.

Contadini al lavoro - Miniatura cassinese degli inizi dell'XI secolo ( da un codice conservato all'Archivio Abbaziale di Montecassino )

Bisogna inoltre tenere conto che i monasteri non si limitavano a organizzare il lavoro dei contadini: anche intorno alle loro aziende, infatti, si organizzò tutta una serie di attività di artigiani (tessitori di panni, conciai, maniscalchi, lavoratori del ferro ecc.) che fornivano al monastero e agli abitanti che vivevano attorno a esso gli oggetti e i beni dei quali la comunità aveva bisogno.  

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